Cade l’ultima bufala di Concita: Silvio mai indagato nei Balcani

MilanoGenesi di un cortocircuito. Inizia l’Unità, il quotidiano diretto da Concita De Gregorio. Il 17 febbraio l’edizione on-line titola: «Berlusconi, guai dal Montenegro». Attacco dell’articolo: «Un’altra tegola si abbatte sul premier. Stavolta i guai arrivano dal Montenegro. Il partito d’opposizione Pzp ha sporto denuncia presso la Corte Suprema di Podgorica contro l’ex primo ministro Milo Djukanovic e il premier italiano Silvio Berlusconi per “aver inflitto danni incommensurabili al settore energetico del Montenegro e provocando danni enormi al popolo montenegrino con accordi segreti”». Tempo 24 ore, la notizia rimbalza in internet, ripresa sempre uguale a se stessa da decine di siti web e blog, ma in due varianti. La prima, dubitativa. «Berlusconi indagato in Montenegro?». Punto di domanda, palo e fuori. La seconda, più drastica. «Berlusconi indagato in Montenegro». Senza punto di domanda, gol. Mica tanto. Perché c’è una carta - che il Giornale è in grado di pubblicare - che smonta la notizia. La domanda è: ma i magistrati montenegrini stanno indagando o no sul Cavaliere? La risposta è in una comunicazione ufficiale tra le diplomazie di Roma e Podgorica. E la risposta è: «no».
Ecco come è andata. Il primo marzo di quest’anno, il ministero degli Affari esteri e dell’integrazione europea del Montenegro riceve dalla Farnesina - tramite l’ambasciata italiana a Podgorica - la «nota verbale numero 237/10102», nella quale si chiedono chiarimenti in merito alla presunta indagine che avrebbe riguardato Berlusconi. La replica lascia spazio a pochi dubbi. «Il ministero della Giustizia - scrivono i funzionari della repubblica balcanica - ha informato che la procura di Stato del Montenegro, dipartimento per la lotta contro la criminalità organizzata, corruzione, terrorismo e crimini di guerra, non ha dato corso a nessun procedimento penale a carico del presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e altre persone contro le quali il Partito per il cambiamento (Pzp) aveva presentato denuncia penale per diversi reati di corruzione». Fine del dispaccio.
Eppure, qualche settimana fa, la vicenda era finita anche in Parlamento. È l’11 marzo. Alle 19.15 esce un’Ansa che rende conto dell’interrogazione parlamentare di due senatori del Pd - Roberto Della Seta e Francesco Ferrante -, secondo i quali «è inquietante constatare quanti rapporti il premier Berlusconi intrattenga con dittatori e autocrati. Fil rouge di queste frequentazioni è il settore energetico e forse gli affari privati. A questa ragnatela di rapporti si è aggiunta recentemente la notizia che la Procura di Podgorica stia per indagare su Silvio Berlusconi». Poco più di un’ora dopo, alle 20.22, esce un altro take della stessa agenzia. Sette righe per informare che «Fonti di governo, dopo aver effettuato verifiche attraverso canali diplomatici, riferiscono che la procura generale del Montenegro ha negato che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sia indagato, ad alcun titolo». Ora, però, lo dicono i documenti.
Ma cosa ha denunciato il Pzp? Per il partito di opposizione, Berlusconi e Djukanovic avrebbero causato perdite alla giovane repubblica balcanica per centinaia di milioni di euro nel corso della parziale privatizzazione di due società elettriche, la Epcg e la Cges, entrambe partecipate da imprese italiane: la milanese A2a (che ha acquisito oltre il 40% di Epcg), e Terna Rete Elettrica (con il 22% di Cges). Obiettivi: aumento delle tariffe del 78% a partire da aprile di quest’anno e creazione di un «piano per la lobby dell’energia in Italia per controllare il settore energetico del Montenegro». Ebbene, la procura di Podgorica non sembra intenzionata a dare seguito a questa denuncia.
Ma se sull’altra sponda dell’Adriatico si chiude un capitolo (in realtà, mai aperto) sul premier, l’inchiesta sul Ruby-gate si arricchisce di nuovi elementi. E a cinque giorni dalla prima udienza che vede Berlusconi imputato per concussione e prostituzione minorile, la Procura ha depositato gli esiti di nuove indagini su tabulati telefonici (con verifiche sulle utenze di Noemi Letizia, Aida Yespica, Belen Rodriguez e Barbara D’Urso) e accertamenti bancari.

Risultato: una decina di ragazze avrebbero preso parte alle notti di Arcore oltre alle 33 già individuate dai pm nei mesi scorsi, e il numero delle feste incriminate sarebbe superiore a quanto sin qui accertato. Il processo di Milano è alle porte. Podgorica è lontana.

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