Fischio d'inizio con le partite di calcio: un secolo fa, a Parigi, il mito di Andrade

Il ricordo dell’Uruguay che annichilì la Francia. Nato (forse) da padre 98enne, fu protagonista nel 1924

José Leandro Andrade
José Leandro Andrade
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A un certo punto i francesi hanno dovuto prendere il pallottoliere. Gli alieni venuti dal Sud infilzavano gli avversari a colpi di gol. A Parigi, nel maggio di 100 anni fa, l’Uruguay sbarca come una cenerentola ma rapidamente diventa la squadra da battere e l’emblema di un calcio nuovo. Un secolo dopo, sempre nella Ville Lumière, prende il via il torneo di calcio della XXXIII Olimpiade.
Tutti sono in attesa di capire quale sarà la rivelazione del torneo, se ci sarà anche stavolta una sorpresa, come 100 anni fa, ma soprattutto quale sarà la stella. Nella Parigi del dopoguerra a brillare era stato José Leandro Andrade, mezzala possente capace di incantare la folla a tal punto da guadagnarsi il nome di “Meraviglia Negra”.
Quella di Andrade è una figura mitologica quando tragica. Persino le sue origini non sono chiare.
Il padre sarebbe tale José Ignacio Andrade. Niente di strano se non che Ignacio avrebbe concepito il figlio Leandro a 98 anni. Secondo la leggenda il quasi centenario genitore sarebbe stato un santone africano scappato dal Brasile dopo essere stato deportato come schiavo dall’Africa occidentale. Il piccolo Leandro viene al mondo a Salto, quella Salto che aveva consacrato Giuseppe Garibaldi eroe dei due monti nella Battaglia di San Antonio, e mostra una potenza fisica ed esuberanza mai visti. La sua ambizione è quella di fare la stella nel carnevale di Montevideo, ma ben presto inizia a praticare il Fútbol.
La sua esplosività attira tutti, inclusi i sovietici. Si dice, infatti, che quattro anni dopo, alle Olimpiadi di Anversa (vinte di nuovo in scioltezza) lo avrebbero filmato per realizzare studi sulla cinetica. Ma Andrade è anche un viveur, sbarca a Parigi e la vuole vivere. Famose le sue uscite in giro per i locali notturni. In uno di questi avrebbe incontrato Josephine Baker, cantante, ballerina e poi spia che brillava nelle notti parigine.

L’olimpiade francese lo consacra e lui ripaga l’Uruguay con un altro oro, nel 1928 e soprattutto con il Mondiale casalingo del 1930, in mezzo tre Coppe America e due campionati vinti col Peñarol. Ma questo non basta. La fiamma di Andreade arde troppo in fretta. Morirà in un ospizio quasi completamente cieco e in povertà nel 1957.

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