Esattamente un anno fa, quel maledetto 16 dicembre 2022, Sinisa Mihajlovic si è spento in una clinica romana dopo aver condotto alla grande una battaglia da subito difficilissima contro la leucemia mieloide acuta durata oltre tre anni da quando, nel luglio 2019, gli fu diagnosticata la patologia e il trapianto di midollo appena tre mesi più tardi per sperare e continuare a vivere.
Quel che resta oggi è un ricordo vivo e nitido non soltanto in tutti gli appassionati di calcio ma soprattutto verso quei milioni di persone che hanno da sempre apprezzato le sue doti umane prima di quelle professionali. La moglie, Arianna Mihajolovic, ha raccontato al Corriere il calvario vissuto, lo choc per la morte e la speranza che ha accompagnato Sinisa fino alla fine.
Un anno senza Mihajlovic
"Solo in quest’ultimo mese sto prendendo coscienza del fatto che mio marito non c’è più", racconta Arianna, spiegando che per i primi mesi dalla scomparsa aveva la sensazione "che Sinisa fosse ancora vivo e stesse a Bologna ad allenare la squadra". Anche durante il giorno e la notte, la vedova ha raccontato di sentirlo sempre vicino a lei fino a percepire di averlo accanto a lei nel letto avvertendeo che "il materasso sprofondava da una parte. Poi, ho cominciato a parlare con altre persone che hanno subito un lutto e ho scoperto che non ero io pazza, ma che queste esperienze appartengono a molti".
27 anni d'amore e cinque figli, MIhajlovic non voleva sapere nulla sulla sua malattia oltre il nome e le cure da fare. "Sinisa non leggeva i referti, non guardava su Internet, voleva solo sapere quali cure fare. Ha sperato fino all’ultimo di guarire. Ha lottato come un leone, ha fatto cure allucinanti, due trapianti, una cura sperimentale tostissima…"
La rivelazione dei medici
È stato a novembre 2022 che i medici che lo avevano in cura hanno capito che non avrebbe resistito ancora a lungo. "Nell’ultimo mese, i medici mi hanno detto che sarebbe morto. Non sapevo se dirglielo. Mi sono confrontata con tutti e cinque i figli - ha raccontato Arianna Mihajolovic, scegliendo di percorrere la strada del silenzio. "Insieme, abbiamo deciso di non dirglielo, per non togliergli quel lumicino di speranza. D’altra parte, lui non ci ha mai chiesto se ce l’avrebbe fatta, ha sempre lottato perché era un uomo che non poteva accettare di morire". L'ultimo mese è stata una battaglia continua con malesseri sempre più presenti e la moglie vicina a lui 24 ore su 24 fino al 16 dicembre quando, con tutti i figli presenti nella stanza accanto del suo letto in clinica, ha esalato l'ultimo respiro. "Mi è venuto da dirgli: vai, non ti preoccupare, ai ragazzi ci penso io. Solo a quel punto è spirato. Fino ad allora, nessuno di noi aveva pianto. Lo stile di famiglia è tenersi le cose dentro, ma lì ci siamo abbracciati tutti. È stato un momento molto forte. Nella stanza, si è percepita come una botta di energia. È stato brutto, ma in qualche modo bello", ha raccontato al Corriere.
Oggi, giorno dell'anniversario delle morte, è prevista una benedizione ortodossa al cimitero secondo il credo di Sinisa alla presenza soltanto della famiglia e degli amici più stretti tra cui Dejan Stanković, il suo migliore amico, mentre domenica tutti allo stadio a vedere il Bologna dietro l'invito del presidente Joey Saputo. "Il club è stato molto vicino a me e a i miei figli, andando anche oltre quello che ci saremmo aspettati". Infine, Arianna risponde alla domanda su quando è stato il momento più brutto della malattia del marito che corrisponde alla recidiva alla leucemia in cui tutti hanno avuto molta paura. "E poi è stato brutto quando i figli hanno fatto gli esami per verificare se i loro midolli erano compatibili. Erano ancora piccoli, vederli pronti a tutto per salvare il papà mi ha fatto contorcere il cuore. Poi, è venuto fuori un ragazzo di Miami di 23 anni con un midollo compatibile che gli ha regalato due anni e mezzo di vita. Il secondo trapianto lo dobbiamo a suo fratello".
Il ricordo di Thiago Motta
Thiago Motta, l'attuale tecnico del Bologna, ha voluto dedicare un pensiero a Sinisa Mihajlovic. "Il mio pensiero va alla sua famiglia.
Nelle difficoltà che ha vissuto ci ha dimostrato cosa significhi non arrendersi mai: questo rimarrà non solo a me, ma a tante persone, prima di tutto alla la gente ai nostri tifosi e alle persone che qui a Casteldebole hanno avuto la fortuna e il privilegio di condividere momenti belli con lui. Il suo ricordo sarà una spinta e uno stimolo in più per questo gruppo anche per domenica, per continuare a crescere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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