"La camera oscura di Lewis Carroll"

La scrittrice (e avvocato dei minori) Simonetta Agnello Hornby indaga sul geniale "amico di famiglia" trasformatosi in insidia per le bimbe

Londra - «Carissima Ruth, io non potrei continuare ad abbracciare e baciare per più di 12 ore al giorno, e non mi andrebbe di passare anche le domeniche in quel modo». A scrivere all’amichetta è il Reverendo Charles Dodgson, l’illustre fotografo di Oxford e l’autore, con il nome di Lewis Carroll, delle avventure di Alice nel paese delle meraviglie (1865). Sulla sua passione per «le bambine ben fatte non avverse ad essere fotografate senza l’intralcio dei vestiti», e soprattutto «baciabili», esce ora per Skira il raffinato romanzo breve Camera oscura di Simonetta Agnello Hornby (pagg. 125, euro 15) ambientato nella metà dell’800 ma denso di risonanze attuali che l’autrice, avvocato dei minori, sottolinea con elegante e immaginifica scrittura.

Di origine siciliana, Simonetta Agnello Hornby vive a Londra dagli anni Settanta. Ex-docente di Diritto dei minori, madre e nonna felice, donna agguerrita e di charme, scrive da una decina d’anni. I suoi romanzi, tradotti in italiano da Feltrinelli, hanno tutti come sfondo la Sicilia, tranne l’ultimo, Vento scomposto – il titolo si rifà a un passo dell’Ecclesiaste - ambientato a Londra per affrontare il tema sempre più attuale dell’abuso dei bambini, dell’incompetenza e dell’arroganza dei servizi sociali, dei danni di un’eccessiva empatia da parte di psicologi, psichiatri e pediatri sempre pronti, «per problemi personali, a travisare i fatti e a mentire». Vento scomposto è una storia vera, afferma l’autrice, e il problema delle testimonianze false nella protezione dei minori è enorme ovunque. Camera oscura, riallacciandosi al tema della pedofilia, è altrettanto inquietante.

Questo è un lungo racconto immaginario ma rigorosamente costruito su ricerche, lettere e testi d’archivio, alcuni mai tradotti in italiano. Perché ha scelto di scrivere su Charles Dodgson alias Lewis Carroll?
«Ritengo un dovere parlare di certe cose. La storia di Dodgson è molto attuale. I fatti di cui scrivo sono realmente accaduti. Oggi più che mai i genitori devono proteggere i loro bambini e tenere bene aperti gli occhi con tutti. Nel mondo di oggi si sessualizzano le bambine fin da piccolissime. Esteriorizziamo costantemente la nostra vita sessuale, tutti usiamo un linguaggio volgare e sessualizzato senza pensarci».

Protagonista di Camera oscura è Ruth, la quattordicenne lusingata di essere fotografata dal grande diacono di Oxford, che i genitori strapperanno dalla camera oscura del Reverendo senza una spiegazione. Vivrà con un senso di colpa fino all’età adulta...
«Lei se ne innamora perdutamente e i genitori interrompono all’improvviso questa amicizia profonda. Questo mi interessava perché si collega al fatto che in una situazione di abuso spesso i genitori e i servizi sociali non sempre fanno la scelta migliore, allontanando il bambino senza dare spiegazioni esaurienti. Spessissimo non si pensa alla necessità del bambino di mantenere un contatto con l’abusatore, che può essere affettivo o anche inquisitivo. In genera chi abusa è un grande charmeur di bambini. In questo caso la famiglia di Ruth – di fatto era la famiglia Mayhew - non ha spiegato nulla alla figlia che è cresciuta credendosi lei colpevole di aver fatto qualcosa di male all’amato o addirittura alla sua famiglia. È diventata anoressica, non è più riuscita ad avere un rapporto d’amore. Anche nei bambini abusati c’è sempre un forte senso di colpa e di responsabilità».

Chi era in realtà Charles Dodgson, quest’uomo che si dice fosse molto timido?
«Di lui non sappiamo molto perché l’ottanta per cento dei suoi diari e delle sue cose è stato distrutto dalla famiglia. C’è stato un velo di segretezza e di ipocrisia straordinario su quest’uomo. Dodgson non era un timido, era un ambizioso, era uno sfacciato, uno stalker, un cacciatore furtivo. Personalmente non credo che sia andato oltre l’eccitamento, con le figlie degli amici che fotografava. Che lo eccitassero è fuor di dubbio: vuole fotografarle soltanto se le bambine sono “baciabili”, “kissable” in una società e in un’epoca in cui prevaleva il pudore».

Perché le famiglie, quasi sempre della buona società, gli affidavano le figliolette da fotografare?
«Soltanto per il prestigio e la fama del fotografo. Dodgson godeva di grande rispetto a Oxford, corteggiava tutte le famiglie di rilievo. Pur non avendo la vocazione religiosa si lasciò ordinare diacono per assicurarsi il vitalizio al Christ Church College, ma non volle mai diventare sacerdote. A Oxford scopre il teatro, dunque sesso, donne, immaginazione, conosce gente ricca. E vuole avere successo, non ha soldi, è brutto e mezzo sordo. Si compera una macchina fotografica, l’invenzione del momento, e comincia a fotografare i bambini degli amici. Era un seduttore. Voleva quello che voleva, era un subdolo, una serpe. Nient’altro che questo. E giocava sul fatto di essere un religioso, alto, sottile, di aspetto asimmetrico, con indosso l’abito clericale...».

Dal suo libro emerge un ritratto impietoso dell’uomo che è anche il brillane autore di Alice nel paese delle meraviglie. Dunque un artista, un esteta, un pedofilo?
«Io penso sia stato tutto ciò, non ci vedo nulla di strano. Il fatto che Dodgson avesse questa costante necessità di attrarre bambine è tipico del pedofilo».

Come avvocato per la protezione dei minori lei conosce bene il problema della pedofilia oggi.

Quali rimedi suggerisce?
«Penso che non si debba fermarsi ai sospetti, ma quando ci sono le prove c’è il dovere di intervenire. Come cambiare il mondo? Aprendo gli occhi ai genitori, parlandone, tenendo gli occhi aperti con tutti. Non fa mai male stare all’erta, perché gli abusi dei minori avvengono soprattutto nella famiglia».

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