BariIl passo è incerto, le zampe sono dun bianco luccicante e si muovono a fatica nella mattinata gelida e coperta dalla nebbia, lo sguardo intenso e triste si posa su automobilisti distratti che vanno e vengono, gli occhi luccicanti chiedono aiuto e raccontano meglio di qualsiasi parola una storia di qualche tempo fa. Sono passati più di tre mesi da quando quel cane è stato abbandonato qui, sullautostrada A/14, direzione nord, in una stazione di servizio tra Andria e Canosa di Puglia. E da allora lui, poco più di un cucciolo, un bastardino che a vederlo sembra un lupacchiotto di peluche, non hai mancato lappuntamento con la speranza: ogni giorno si presenta nellarea di rifornimento, segue le macchine che si avvicinano per parcheggiare, gli occhi vagano da un automobilista allaltro nella speranza di riconoscere il padrone che un tempo lo ha accolto e gli ha messo un collare e magari gli ha anche regalato qualche carezza; e poi, quando si è stancato, lo ha lanciato via come una vecchia scarpa e ha premuto sullacceleratore.
Qualcuno ha visto tutto, cè chi ha raccontato di una macchina che tre mesi fa si è fermata da quelle parti: è stato aperto lo sportello di unauto, il cane è stato scaraventato fuori, lauto è ripartita lasciandosi alle spalle quegli occhi feriti e incollati sulla vettura che ripartiva e si allontanava, facendosi sempre più piccola e poi scomparendo lungo lautostrada. Una storia da verificare, ma forse è proprio per questo che il cane ogni volta allunga lo sguardo verso lorizzonte nella speranza, divenuta ormai illusione, di scorgere qualcosa di familiare, qualcosa che gli ricordi il passato e cancelli il dolore del tradimento, qualcosa che gli riscaldi il cuore ferito da un abbandono. Ecco perché ogni giorno si presenta qui, nellarea di servizio dove la gente si è abituata a lui e lo chiama affettuosamente Peppiniello, il nomignolo che gli è stato dato in questa striscia dasfalto che corre tra Puglia e Campania. «È una storia che va avanti da mesi», raccontano allautogrill. Al bar spiegano con voce commossa che la gente lo osserva meravigliata, poi gli dà qualcosa da mangiare e riparte. «Non ha perso la speranza, e anche noi confidiamo davvero che il padrone ritorni», dicono alla pompa di benzina dove il cane è diventato una specie di mascotte. Proprio come accadde per Filippo, un delfino che dopo tanto girovagare per i mari di mezzo mondo decise di mettere su casa nel porto di Manfredonia, sul Gargano, poco distante da qui. Migliaia di persone accorrevano in quello specchio dacqua per osservare i suoi balzi e la sua pinna, lui accontentava tutti seguendo le imbarcazioni dei pescatori, quasi per salutarle, e lasciandosi ammirare mentre schizzava in cielo coi suoi balzi per divertire i bambini che facevano ciao con le mani. Ed era davvero una festa, quando i vecchi pescherecci appesantiti da decenni anni di mare lasciavano il porto e lo salutavano suonando la sirena. La favola del delfino del Gargano è andata avanti per diverso tempo: in Puglia sono accorsi esperti di tutto il mondo per studiare la capacità di adattamento del cetaceo che voltò le spalle al mare infinito e volle come casa le acque del porto di Manfredonia. «Una scelta di cuore», gonfiavano il petto da quelle parti. Ma la favola si è conclusa tragicamente quando una barca, sei anni fa, colpì il delfino provocandogli unemorragia. Per Filippo non ci fu più niente da fare, perse la vita dopo una lunga agonia.
Adesso invece la Puglia si stringe attorno a Peppiniello, il cane che da mesi torna in una stazione di servizio per cancellare lincubo dellabbandono.
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