Il capo della Procura gela i fan del gossip: "Indaghiamo sui reati non sulla vita privata"

Chiuso un capitolo, tocca affrontarne un altro. E a bloccare ogni possibile fuga in avanti ci pensa ancora una volta il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati. Dopo aver «assolto» la questura sulla pratica di rilascio di Ruby (il ministro dell’Interno Roberto Maroni ne riferirà comunque in Senato martedì prossimo), il magistrato mette un freno anche ai pruriti in arrivo da Palermo. Ieri, infatti, il fascicolo siciliano che contiene le dichiarazioni di un’altra giovane escort - la 28enne Nadia Macrì, che ha raccontato di festini e regali del premier - è sbarcato nel capoluogo lombardo. Stessa ipotesi di reato (favoreggiamento della prostituzione), stessa scenografia (Arcore), e protagonisti che ritornano (Lele Mora, Emilio Fede). Il procuratore, però, mette in chiaro subito l’orientamento dell’ufficio. «Noi perseguiamo reati e non ci interessiamo della vita privata delle persone». Come a dire che ai pm non importa tanto scavare nelle singole serate del Cavaliere, quanto scoprire se esiste un giro organizzato di escort a cinque stelle, chi lo gestisce e con quali benefici.
Ora, che fare di questo nuovo materiale? Le carte di Palermo, almeno per il momento, resteranno separate dal fascicolo su Ruby. «Ma se dovessero emergere connessioni tra le due vicende - spiega ancora Bruti Liberati - non è inverosimile che l’indagine venga affidata ai pm» che si stanno già occupando della giovane marocchina. Dunque, con ogni probabilità, sarà ancora una volta il procuratore aggiunto Ilda Boccassini (assieme al pubblico ministero Antonio Sangermano) a gestire un materiale potenzialmente imbarazzante per i soggetti chiamati in causa. E altro potrebbe esserci negli atti dell’inchiesta ancora coperti.
Già nel luglio scorso, infatti, l’ufficio gip di Milano è stato chiamato a firmare provvedimenti che avevano a che fare con il «RubyGate». Dato il periodo festivo, più di un giudice per le indagini preliminari - prima dell’assegnazione definitiva - ha maneggiato quelle carte. Disponendo, verosimilmente, sequestri e acquisizioni di materiale. Ma anche intercettazioni telefoniche. Non è escluso, quindi, che nel fascicolo in mano alla Dda siano incluse conversazioni delicate nelle quali - più o meno impropriamente - viene speso il nome del premier. Anche per questo, il riserbo nei corridoi della Procura è massimo.
Gli investigatori, ora, sono alle prese con una ridda di dichiarazioni spesso imprecise e contraddittorie. L’ultima versione, ieri, l’ha fornita Priscilla, l’amica brasiliana di Ruby che - stando alle dichiarazioni della 18enne marocchina rilasciate in un’intervista al settimanale Chi - l’avrebbe accompagnata ad Arcore. «Non sono mai stata a casa dell’onorevole Berlusconi», fa sapere Priscilla. «Lo scorso 14 febbraio - spiega - non mi trovavo neppure in Italia, ero in Brasile».

Un’altra circostanza, dunque, che andrà verificata. Ma ci sarà tempo per farlo. Ruby, infatti, ha ottenuto dal tribunale dei Minori il permesso di soggiorno per motivi di giustizia. E dunque, sarà ancora disponibile se i pm la chiameranno per un nuovo faccia a faccia.

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