Carceri, tutto esaurito: tremila detenuti in più

Si è lasciato morire di fame per gridare la sua innocenza. Era dalla metà di luglio che Sami M.S., un tunisino di 42 anni, non toccava cibo. A ferirlo, più che la condanna a otto anni di carcere, erano state le accuse di violenza contro la sua famiglia. Il dolore lo ha portato a rifiutare cibo e acqua. Per solidarietà, i compagni del carcere Torre del Gallo hanno levato una protesta dalle celle, alla maniera dei detenuti: forchette e coltelli picchiati incessantemente contro le sbarre. «La situazione non è mai stata sottovalutata - spiega Luigi Pagano, provveditore agli istituti di pena lombardi - L’uomo era anche stato ricoverato in ospedale per tempo ma rifiutava gli aiuti».
Raramente, se non quando accadono tragedie del genere, dalle celle emergono le storie di vita quotidiana dei detenuti. Ma, stando ai dati, là dentro, in quei pochi metri quadrati, non se la passano granché bene. Basti pensare che le carceri lombarde potrebbero ospitare 5.506 detenuti (con un limite di tolleranza fino a 8.518 posti) ma ne contano 8.607. Tremila in più rispetto alla capienza regolamentare. Una sproporzione che peggiora le condizioni di vita in cella.
Le situazioni peggiori si registrano nelle carceri di San Vittore a Milano (1.300 detenuti a fronte di 800 posti), a Brescia (370 detenuti a fronte di 298 posti), a Varese (150 detenuti per cento posti), a Sondrio. «I detenuti - spiega Luigi Pagano - sono meno per l’indulto, ma il problema del sovraffollamento rimane. E ovviamente colpisce soprattutto le strutture più vecchie e in cui c’è meno spazio, come ad esempio Varese».
Negli istituti più grandi il numero dei carcerati è il doppio rispetto al numero delle celle, ma stare in due dietro alle sbarre forse è anche meglio che stare da soli. Il vero problema è quando a condividere tre metri quadri per quattro si è in più di due. E fuori non ci sono spazi adatti alla socializzazione. La Lombardia non è la sola ad avere a che fare con una piaga del genere: sono dodici le Regioni che hanno superato la capienza tollerabile. Tutte le altre hanno comunque superato la capienza regolamentare.
«Il problema - aggiunge Pagano, ex storico direttore del carcere di San Vittore a Milano - è sempre esistito. Non c’è una ricetta per risolverlo per sempre. Per di più abbiamo il problema degli stranieri, che rappresentano il 60 per cento dei detenuti». Le valvole di sfogo potrebbero essere due: l’ampliamento delle strutture penitenziarie, le ristrutturazioni e tutti i lavori necessari agli stabili per poter rendere più semplice la vita in cella. E strade alternative alla detenzione.

Proprio su questo punto insiste Pagano: «La legislazioni lo prevede e sarebbe un bene. Ad esempio, sarebbe estremamente utile far partecipare i detenuti ai lavori per Expo 2015. Stiamo pensando a un piano organico e stiamo lavorando in questa direzione assieme a Don Rigoldi».

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