«Casini continua a smarcarsi Ma dopo Prodi c’è solo il voto»

Calderoli: vorrebbe accreditarsi come interlocutore dell’Unione, ma se si torna alle urne come hanno promesso Berlusconi e Fini rientrerà subito nei ranghi

Adalberto Signore

da Roma

«È la stessa suonata della scorsa estate. Niente di più». Sulla strada che porta da Bergamo a Jesolo, dove è atteso in serata per l’ennesimo comizio agostano, Roberto Calderoli liquida senza troppe incertezze le ultime accelerazioni di Pier Ferdinando Casini. Il vicepresidente del Senato, alle prese con il solito tour estivo per le feste della Lega (domenica era a Melzo, oggi andrà a Ponte di Legno), non pare proprio appassionarsi al dibattito aperto dal leader dell’Udc sul futuro del centrodestra. E non ne fa mistero.
Casini sostiene che «una Cdl a due gambe» non gli dispiace. Da una parte, dice, il «superpartito belusconiano composto da Forza Italia, An e Lega», dall’altra l’Udc che rappresenta «una sensibilità diversa». Un’ipotesi che la convince?
«Ma quale ipotesi... A me sembra che in questo periodo Casini se la suoni e se la canti da solo. Con un solo obiettivo: marcare la sua diversità dal resto della coalizione».
Da solo?
«Questa storia della Cdl a due gambe, dell’Udc che rappresenta una sensibilità diversa... Avevamo finalmente accantonato la litania del partito unico e invece eccoti Casini che riapre il dibattito. Una cosa fuori dal mondo».
E il «superpartito»?
«Non esiste, non è mai esistito. La colpa della Lega, come quella di An, è riconoscere che l’opposizione ha ancora un suo leader che risponde al nome di Silvio Berlusconi. Una constatazione che sta nei numeri usciti dalla urne. L’Udc, che gioca a smarcarsi, è l’unico che non vuole prenderne atto. Al punto di andare anche contro gli interessi della coalizione».
Cercare spazi di autonomia è legittimo. La Lega l’ha fatto decine e decine di volte...
«Tutto sta nei modi. C’è chi si differenzia nella logica dell’alleanza e tenendo conto delle diverse sensibilità degli altri partiti, c’è chi lo fa in perfetta autonomia. A volte quasi in contrapposizione. Casini ha scelto questa strada. La sua è una partita lunga, visto che punta ad accreditarsi come interlocutore della maggioranza nel caso ci sia qualche sommovimento interno».
Il leader dell’Udc ha detto che non è interessato agli inciuci ma «a un accordo che completi il percorso delle riforme istituzionali» perché «c’è da metter mano al Titolo V». Che ne pensa?
«Che siamo in agosto...».
Casini, però, dice no agli inciuci.
«Hanno due ottime occasioni per dimostrare la loro buona fede: la prima con il voto sul Libano, la seconda con la Finanziaria».
E l’accordo sulle riforme?
«Impensabile. Nell’Unione non hanno intenzione di fare nulla».
Qualche mese fa, però, ci sono stati dei colloqui a cui ha preso parte anche la Lega.
«Delle prese in giro. La verità è che la maggioranza non è in grado di aprire alcun tavolo su questo fronte perché dovrebbe risponderne a partiti come Prc, Pdci e Verdi che, se potessero, cancellerebbero anche le riforme già fatte».
Di Grosse Koalition, quindi, neanche a parlarne?
«Per l’amor del cielo... è il peggio del peggio. La ricetta è una sola, quella delle urne».
Il Carroccio non potrebbe appoggiare la «coalizione allargata» neanche se contestualmente si siglasse un patto per le riforme?
«La Lega vuole votare. E basta. Berlusconi ci ha dato il suo impegno ufficiale: se cade Prodi non c’è altra strada che quella delle urne. Ne è convinto anche Gianfranco Fini. E allora vedrà che pure Casini perderà la sua ansia di smarcarsi e tornerà nei ranghi...».
Cosa farete in Parlamento quando ci sarà da votare la missione italiana in Libano?
«Mi rifiuto di dire cosa voterò su una cosa della quale non si sa ancora nulla. Per ora vedo solo nebbia, e d’altra parte quando si parla di politica estera il governo è sempre nella nebbia anche in agosto. Certo, se si dà retta a quello che dicono Cento o Diliberto che vorrebbero dei militari-seminaristi e che vanno avanti con questa follia delle regole d’ingaggio c’è da preoccuparsi. E chiaro, infatti, che la Lega non potrà appoggiare una missione che “strizza l’occhio” al terrorismo».
Il progetto autonomista da lanciare a Venezia va avanti?
«Certo. Il 27 agosto scenderemo in piazza a Ca’ San Marco per dare il via alla richiesta di maggior autonomia delle regioni, in primis Lombardia e Veneto».


A proposito della Lombardia, non temete che Formigoni possa scavalcarvi e farsi portatore in prima persona del progetto?
«Sono sicuro che quando la gente vedrà concretizzarsi le riforme saprà di chi è il merito».
Un Calderoli diplomatico...
«Diciamo che credo sia più importante il risultato che il cappello che qualcuno vorrà metterci sopra».

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