«I l governo più forte degli ultimi vent'anni». «Guardi qua» Giorgia Meloni si alza e chiude una finestra per ripararci dal rumore del traffico che sale da via del Corso al primo piano di palazzo Chigi. Poi mi passa un foglietto. «L'hanno elaborato i ragazzi dei social interrogando l'intelligenza artificiale». La domanda era questa: dal 2006 a oggi, quale livello di consenso hanno ottenuto i governi dopo due anni di attività rispetto a quello iniziale? Il secondo governo Prodi (2006-2008) aveva perso il 19 per cento. L'ultimo governo Berlusconi (2008-2011) e il successivo governo Letta (2013-2014), il 13. Il governo Renzi (2014-2016), il 7. Il governo Gentiloni (2016-2018) durò soltanto un anno e mezzo, e quindi non è stato rilevato. Il primo governo Conte (2018-2019), con Movimento 5 Stelle e Lega, in 14 mesi aveva perso il 17 per cento. Il secondo governo Conte (2019-2021), con M5S e Partito democratico, il 5 per cento in 17 mesi. Il governo Meloni è in vantaggio di 1 punto rispetto all'inizio del mandato. Sempre nell'ottobre 2024 è uscito un altro report. È di Pagella Politica, un sito abitualmente tutt'altro che amico del governo. Titolo dell'articolo di Lorenzo Ruffino: Il consenso del governo Meloni ha qualcosa di eccezionale. I partiti che lo supportano hanno più consensi rispetto a due anni fa, mentre i loro predecessori ne hanno persi. Pagella Politica ha analizzato 4.100 sondaggi compiuti negli ultimi sedici anni, calcolando la media di ciascun partito e sommando poi i dati di quelli che hanno sostenuto i vari governi in carica, con l'esclusione dei governi tecnici di Mario Monti e di Mario Draghi. Ebbene, i partiti dell'ultimo governo Berlusconi hanno perso 9 punti nell'arco del mandato, quelli del governo Letta 23, del governo Renzi 5, del governo Gentiloni 12 in un anno e mezzo. Nel primo governo Conte, M5S e Lega hanno perso 8 punti; nel secondo governo Conte, M5S e Pd 5. Fa eccezione il governo Meloni. Alle elezioni politiche del settembre 2022, Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia hanno ottenuto il 43 per cento dei voti. Nei due anni successivi, il partito leader è cresciuto, mentre Forza Italia ha compensato il leggero calo della Lega. Pagella Politica quota la coalizione di centrodestra al 47 per cento, ma il 22 ottobre 2024, al compimento del secondo anno di governo, i sondaggi hanno fatto salire tale percentuale al 49: 6 punti in più rispetto a due anni fa. (La stessa cifra della somma di tutte le forze di opposizione, che però non fanno parte di una coalizione.) Questi dati ci dicono che Fratelli d'Italia è andato meglio del previsto sia alle elezioni europee dell'8-9 giugno 2024 sia nei sondaggi autunnali. La Meloni non si aspettava di arrivare al 28,8 (già il 27 per cento, contro il 26,2 conquistato alle politiche, l'avrebbe fatta sorridere), né tantomeno di toccare il 30 per cento a fine ottobre, con un distacco di 7 punti sul Partito democratico. Mentre il Pd, partito strutturato, dà il meglio di sé alle elezioni con preferenze come le europee per scendere nelle intenzioni di voto per le politiche e nel Movimento 5 Stelle accade il contrario, Fratelli d'Italia cresce comunque. Perché? Lo chiedo ad Alessandra Ghisleri, di Euromedia Research. «Giorgia Meloni cresce nei sondaggi perché il suo indice di fiducia è altissimo, 35 per cento» mi spiega. «Dieci punti sopra Antonio Tajani, che si piazza secondo tra i leader politici. La gente la trova capace, brava, tenace, severa. Ha la coscienza pulita, il pubblico sa che non nasconde niente nell'armadio. Più bassa la fiducia nel governo, come squadra». «La Meloni gode di un alto livello di reputazione» aggiunge Antonio Noto, dell'istituto demoscopico Noto Sondaggi. «La gente ha fiducia in lei, indipendentemente se abbia risolto o non risolto un problema. Sa che ce la sta mettendo tutta. Sul 28,8 per cento di elettori che alle elezioni europee hanno votato Fratelli d'Italia, il 21 per cento non si dichiara di destra. Non la vota per il suo posizionamento ideologico, ma perché si fida della sua competenza e della sua serietà». Quel che nessuno si attendeva nemmeno tra gli amici è la credibilità che Giorgia Meloni si è costruita in campo internazionale. La perfetta conoscenza dell'inglese e dello spagnolo, la buona pratica del francese, unita all'istintiva empatia (traduce il romanesco nella lingua di William Shakespeare) e alla franchezza caratteriale, le hanno facilitato i rapporti diretti con i leader mondiali. Un conto è parlarsi a quattr'occhi, un altro è estendere sempre il discorso alle delegazioni e agli interpreti. Così, già prima delle elezioni europee, il 17 maggio 2024 «Foreign Policy», la rivista americana del gruppo editoriale Washington Post, titolava: Giorgia Meloni è il nuovo kingmaker europeo. Il primo ministro italiano di destra è rapidamente passato da giocatore di seconda linea a regolatore decisivo del potere europeo. «Giorgia, cosa vuoi?» è la domanda che, secondo un anonimo esponente del Partito popolare europeo interpellato dalla columnist Anchal Vohra, Ursula von der Leyen avrebbe rivolto dopo le elezioni alla Meloni per assicurarsene in qualche modo l'appoggio. Il 31 maggio «The Economist», il settimanale più autorevole del mondo, metteva al centro della copertina Giorgia Meloni, affiancata di profilo da Ursula von der Leyen e Marine Le Pen. Titolo: Le tre donne che possono cambiare l'Europa. Nell'articolo si invitavano i paesi del «salotto buono europeo» a non «essere miopi» quando parlano del nostro presidente del Consiglio, perché escluderla dai giochi che contano potrebbe avere contraccolpi spiacevoli. Le elezioni europee del giugno 2024 sono andate per la Meloni meglio delle più rosee aspettative. Non solo per il risultato italiano, quanto per il tracollo di Emmanuel Macron in Francia e di Olaf Scholz in Germania. Così la settimana successiva, al G7 di Borgo Egnazia, la fortuna perché ci vuole anche quella le ha consentito di presentarsi intorno al grande tavolo di legno d'ulivo come l'unico premier in eccellente stato di salute, tra leader sconfitti (Francia e Germania), in procinto di esserlo (Gran Bretagna), molto a rischio (Canada e Giappone) o affannati, non solo fisicamente (Biden era ancora in sella, alle prese con l'incombente fantasma di Donald Trump). Macron, che aveva appena indetto le elezioni anticipate della disperazione, cercò di appannare il successo sul sostegno all'Ucraina e sulla politica africana, suggellato dalla presenza per la prima volta del pontefice al vertice intergovernativo, polemizzando sull'aborto, i cui limiti e diritti erano già stati ratificati al G7 del 2023 in Giappone. Ma invano. Intanto, nel numero di luglio, il mensile «The Parliament», del gruppo editoriale che dal 1832 si occupa dei Parlamenti di tutto il mondo, pubblica in copertina la foto di Giorgia Meloni con il titolo: Sarà un kingmaker? La cosa curiosa è che la foto del premier italiano è gigantesca ed è circondata dalle immagini della von der Leyen e di altri leader europei in formato ridottissimo, fino a quella di Macron, ritratto come un lillipuziano. Si comprende così anche il crescente risentimento del presidente francese e del cancelliere tedesco nei confronti del capo del governo italiano, culminato nel mancato invito di metà ottobre al vertice quadripartito.
E, il 23 ottobre 2024, una storica bandiera della sinistra intellettuale francese come «Le Monde» è arrivato a scrivere: «Divenuta maestra del gioco politico, Meloni in due anni ha saputo imporsi a Roma come a Bruxelles».Bruno Vespa
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