Ce l’hanno messa tutta, i venti carabinieri che all’alba di giovedì hanno fatto irruzione nelle redazioni del Giornale e nelle abitazioni private del direttore Alessandro Sallusti e del vicedirettore Nicola Porro. La missione era difficile, per non dire proprio impossibile: scovare il famigerato dossier contro Marcegaglia Emma, la prova provata del nostro complotto contro la presidente di Confindustria. Così, per smascherare le nostre cattivissime intenzioni e magari anche i nostri legami coi servizi deviati, la Procura di Napoli ha deciso di spedire quel nutrito drappello di militari alle nostre calcagna, invece di impiegarli per combattere minacce meno pericolose per l’ordine pubblico come la camorra, lo spaccio di droga, o magari l’emergenza rifiuti sotto il Vesuvio. Ubi maior. Purtroppo però quel dossier sulla signora Marcegaglia le forze dell’ordine nei nostri cassetti non l’hanno trovato. Sia chiaro: non per negligenza loro, ma nostra. Infatti il dossier «M» non esisteva proprio. E così, con un po’ di senso di colpa per aver involontariamente distratto tanti militari dai loro compiti, ieri ci siamo messi al lavoro di buona lena per dar una mano ai pm. A dirla tutta, per confezionare un pericolosissimo fascicolo ci sono bastate un paio d’ore e un computer connesso a internet. Il dossier «M» lo trovate in queste quattro pagine di inchieste giornalistiche, firmate da illustri colleghi e pubblicate da prestigiose testate. Sono gli stessi colleghi e le stesse testate che oggi ci accusano di fare dossieraggio.
Sicuri di aver fatto cosa gradita al pm Woodcock con questo contributo alla soluzione dell’indagine in corso, promettiamo ai lettori che continueremo a lavorare ben sapendo, noi, la differenza tra violenza privata e libertà di informazione.Il Segugio
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