Il caso Milano, ma non soltanto Nessuna scusa, ora votiamo

Anche Berlusconi si schiera con la Moratti: "Ha fatto bene, Pisapia aveva amici terroristi". Ora un’altra risposta agli estremisti: le urne. E su Napoli tensione (elettorale) fra Pdl e Lega. In campagna elettorale è legittimo che ogni partito si concentri sulla propria identità an­che a scapito di alleati. Quello che conta è che, finita la campa­gna elettorale, i partiti del­l­a coalizione di governo tro­vino il punto di sintesi

Il caso Milano, ma non soltanto 
Nessuna scusa, ora votiamo

È da trent’anni,come mi ha ricordato un amico,che all’avvo­cato Pisapia piace stare in prima linea. Negli anni Settanta simpatizza­va per la Prima Linea, fero­ce e assassina cellula terro­ristica. Oggi, più pacata­mente, prova piacere a cal­care la prima linea della ri­balta di candidato sindaco di Milano. Come tutti i rivo­luzionari figli di papà, do­po aver seminato violenza e odio ed essere stato scon­fitto dalla storia, ora Pisa­pia indossa la maschera del borghese moderato. Letizia Moratti quella ma­s­chera gliel’ha tolta nell’or­mai famoso faccia a faccia televisivo su Sky. Ha fatto bene, e non c’è nulla di cui scusarsi,e,infatti,con la be­nedizione di Berlusconi, non si è scusata.

Semmai Pisapia dovrebbe fare pub­blica ammenda di quel passato e di quelle amici­zie mai completamente rinnegate. Esattamente co­me accadde trent’anni fa, ci sono i soliti salotti mila­nesi radical-chic che gli strizzano l’occhio. Tra un aperitivo e una tartina ser­vita da camerieri (spesso clandestini sottopagati) in guanti bianchi, questi si­gnorini annoiati impazzi­scono all’idea di consegna­re la città a immigrati, cen­tri sociali e, perché no, a fe­steggiare il primo matrimonio tra gay all’ombra della Madonnina. Esagerazio­ni? Non credo proprio. Pi­sapia apparteneva a quel gruppo politico, Rifondazione Comunista, che inti­tolò un’aula della Camera dei deputati a Carlo Giulia­ni, il teppista che rimase uc­ciso al G8 di Genova men­t­re tentava di spaccare la te­sta di un carabiniere con un estintore. Questo, e purtroppo molti altri, sono gli eroi che il candidato sindaco di Mi­lano vuole portare ad esempio per i nostri figli. Come dimostra la storia della santificazione di Giu­liani, certi vizietti e simpa­tie non passano con gli an­ni. Gli uomini possono cambiare la pelle, non la te­sta e neppure il cuore. Per fortuna Milano non è que­sta roba qui. Ma il rischio che possa diventarlo c’è. Per questo, vale per Napo­­li, Torino, Bologna e tutte le altre città dove si vota, non è il momento dei sofi­smi e dei distinguo. L’Italia dei Pisapia, dei Vendola, dei Di Pietro, è un salto al­l’indietro di decenni, e pu­re pericoloso. Quella dei Fi­ni e dei Rutelli più sempli­cemente non esiste, è un’operazione di potere a uso strettamente persona­le di lorsignori.

Nonostante tutte le criti­che che si possono fare, al­cune anche fondate, Berlu­sco­ni e Bossi e i loro candi­dati rappresentano l’unica garanzia per i moderati e per i liberali. Non bisogna farsi ingannare dalle scher­maglie di questi giorni tra Lega e Pdl. In campagna elettorale è legittimo che ogni partito si concentri sulla propria identità an­che a scapito di alleati. Non mi preoccupa quindi la polemica di Calderoli sulla sospensione degli sfratti agli abusivi di Napo­li, proposta ieri da Berlu­sconi. Basterebbe ricorda­re alla Lega la sanatoria per gli allevatori del Nord sulle quote latte, ma non è questo il punto.

Quello che conta è che, finita la campa­gna elettorale, i partiti del­l­a coalizione di governo tro­vino il punto di sintesi. Nel centrodestra questo è sem­pre avvenuto, nel centrosinistra mai, tanto che ben due governi sono caduti su liti interne.

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