Roma - Due parole due («iene» e «sciacalli»), una rassicurazione («il dialogo» andrà avanti) e un auspicio («sono convinto che Prodi cadrà»). Davanti all’ambasciata d’Israele, dove è atteso per il pranzo, Silvio Berlusconi affonda il colpo sulla diffusione dei verbali Rai-Mediaset. Perché, dice, «è una cosa inaccettabile e illegittima che si possa mettere sotto controllo un cittadino qualsiasi senza un’ipotesi di reato che lo riguardi e senza aprire indagini». Si tratta di «una violazione della privacy inaccettabile» perché «si dà in pasto alla pubblica opinione» la vita privata delle persone. Il Cavaliere, dunque, difende la dirigente Rai Bergamini («ha fatto il suo dovere») e punta il dito contro lo scoop di Repubblica che ha «altre finalità». Ma, ci tiene a dire, «non credo che questa vicenda allontani il dialogo» perché «sono tutti attacchi» a cui «sono abituato» visto che «da quando sono sceso in campo sono un uomo che toglie il potere», sono «il nemico».
A sera, intervistato da Ferrara a Otto e mezzo, rincara la dose: «Sono andati fuori di testa, siamo ai limiti della comica». Perché, spiega, «quando c’è una situazione eccezionale che riguarda il palinsesto per cui ci sono servizi sul Papa ed è in programma la messa in onda di spot pubblicitari, immaginatevi quali critiche avrebbe subíto la Rai se Mediaset non avesse mandato quegli spot. Quindi era assolutamente logico sentire l’altra parte». Allo stesso modo sulle amministrative: «Dovendo usufruire dello stesso sondaggio, è chiaro che si sono messi d’accordo su quando darlo». Poi torna ai giorni in cui Forza Italia criticò le intercettazioni in cui Fassino diceva «abbiamo una banca». «Anche allora - ricorda - la pensavamo allo stesso modo». Ma «lo scandalo vero» è che «ormai in Italia nessuno si può sentire libero di parlare al telefono» perché «i magistrati si comportano in modo contrario alla legge».
Nonostante quella che il Cavaliere considera un’imboscata, però, le porte al dialogo sono aperte. Anche se la riforma cui guarda, seppure proporzionale, mira a «un bipolarismo di sostanza» con «due grandi partiti da una parte e dall’altra». D’altronde «mi sono offerto per trovare soluzioni condivise» il giorno dopo le elezioni e «se si ripetesse» un risultato elettorale così in equilibrio «non avrei difficoltà a offrire ancora una mia disponibilità». Berlusconi parla anche dell’incontro con Veltroni in programma venerdì prossimo. «Spero di trovarmi davanti un interlocutore democratico che - dice citando Maurizio Crozza - metta sul tavolo, pacatamente e serenamente, la disponibilità a incontrarsi con le nostre proposte». E il fatto che il segretario del Pd abbia già fatto sapere che il 2008 dovrà essere l’anno delle riforme, non solo elettorale ma anche istituzionali, non sembra preoccuparlo troppo. L’ex premier, infatti, resta convinto che la partita sulla Finanziaria al Senato non sia affatto chiusa. E dopo aver raccontato i suoi incontri con i senatori della maggioranza giurando di non aver mai fatto shopping (figurarsi «se non sono rimasto» nel campo del «lecito», e se avessero «avuto dei registratori»?), ammette di essere certo che «in futuro», su «provvedimenti come il welfare», il governo «non avrà la maggioranza». A quel punto, «voglio vedere cosa farà Veltroni». Che, dice, «sarà costretto ad accordarsi con noi per una nuova legge elettorale». Oppure «si dovrà andare a votare con l’attuale legge, che potrà essere migliorata in una settimana trasformando il premio di maggioranza al Senato da regionale a nazionale». Un’intesa, aggiunge, auspicabile anche per «uscire da un periodo di transizione mai concluso». E poi, «con la mia disponibilità credo di fare un piacere anche al Pd» visto che «gli do la possibilità di staccarsi dalla cosa rossa».
Il Cavaliere parla a lungo anche del Partito della libertà le cui porte «sono spalancate per tutti». Anche a personalità moderate come Montezemolo, Monti e Pezzotta? «Dietro ogni nome, dico magari, magari, magari». E sulle ultime incomprensioni con Fini preferisce essere ecumenico. «Questo - dice - è un momento che va superato. Sono sicuro che nel nostro percorso verso il grande partito dei moderati ritroveremo An e Fini, perché è quello che anche loro volevano».
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