Casorati e De Chirico fra i suoi «allievi»

Andrea Mantegna è stato uno dei maestri più amati dagli artisti italiani del Ventesimo secolo, tanto che anche la mostra che dal 16 settembre prossimo lo celebra in tre città (Padova, Verona e Mantova) si potrebbe leggere dal punto di vista delle reminiscenze, delle citazioni, degli omaggi.
Felice Casorati ha amato appassionatamente il Cristo morto e l’ha inserito nei suoi atelier metafisici, trasformandolo in altrettante modelle viste di scorcio. Giorgio De Chirico ha eseguito nel 1921, nel clima del «Ritorno all’ordine», una copia del San Giorgio, per dimostrare che l’arte è, prima di tutto, meditazione sull’arte. Achille Funi e Mario Sironi hanno tenuto presente le città mantegnesche in certi paesaggi urbani e in alcune figure di guerrieri. Gianfilippo Usellini si è ispirato più volte alla Camera degli Sposi, perfino popolandola di pappagalli, e ha dipinto la stessa Casa del Mantegna, dove ha ambientato la rocambolesca discesa di un Paracadute.
Ma non solo gli artisti hanno amato il maestro padovano.

Nel 1961 Margherita Sarfatti, ormai ultraottantenne, ha voluto andare a Mantova per la grande antologica mantegnesca: l’ultima mostra che vide prima di morire. Sono solo alcuni esempi (molti altri se ne potrebbero aggiungere), ma dimostrano la continuità di un colloquio che non si è mai interrotto.

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