"Odio pubblico e cyberbullismo". Un'inchiesta sugli insulti a Khelif

La pugile algerina ha denunciato gli hater nel giorno in cui vinceva l'oro a Parigi. La Procura francese apre un'indagine. Tra gli "odiatori" la Rowling, Musk e Trump

"Odio pubblico e cyberbullismo". Un'inchiesta sugli insulti a Khelif
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Imane Khelif è ritornata in patria accolta come una eroina, con il suo oro vinto nei pesi welter del torneo olimpico di pugilato, ma il fatto che sia stata una delle tre medaglie vinte dall'Algeria a Parigi 2024 e che nel suo Paese nessuno abbia voglia di mettere in discussione la pulizia del suo successo non basta a cancellare le polemiche che hanno accompagnato il suo trionfo olimpico. Del quale ha fatto le spese per prima la nostra Angela Carini, che ha incrociato i guantoni con Khelif agli ottavi abbandonando dopo il primo cazzotto.

Khelif sabato scorso a Parigi ha fatto due cose, entrambe di una certa importanza: è salita sul podio per ritirare la sua medaglia scintillante e ha presentato una denuncia contro i suoi odiatori sulla base della quale la Procura di Parigi ha aperto un'indagine per «molestie informatiche e insulti pubblici a causa del genere, istigazione pubblica alla discriminazione e insulto pubblico a causa dell'origine». Secondo il legale della pugile, Nabil Boudi, la denuncia è stata presentata contro le piattaforme social, tra cui X, che hanno dato spazio ai commenti orribili che hanno contrassegnato l'avventura olimpica dell'algerina. La legge francese lascia agli inquirenti il compito di determinare quale persona o organizzazione possa eventualmente essere ritenuta colpevole. Naturalmente più il personaggio che ha sbeffeggiato la pugile è in vista più corre il rischio di essere considerato colpevole. E tra coloro che hanno avanzato pubblicamente dubbi (in molti casi vere certezze) sul fatto che Khelif sia una donna ci sono personaggi pubblici come Donald Trump, Elon Musk e J. K. Rowling oltre a diversi politici italiani. Tra i quali il ministro leghista delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini, che come sempre ieri non ha perso tempo a dire la sua: «Siamo alla follia». Salvini era intervenuto alla vigilia del match tra Khelif e Carini, scrivendo sui social: «Far competere ai Giochi Olimpici una donna con un pugile trans è una follia inaccettabile figlia dell'ipocrisia del politicamente corretto. Lo ribadisco, senza se e senza ma».

In questo caso è chiaro che l'informazione è sbagliata. Khelif non è certamente un transgender, bensì una donna che produce una quantità elevata di testosterone. Sul fatto che questo le dia dei vantaggi nei confronti delle concorrenti ci sono tesi contrastanti. A marzo del 2023 l'algerina era stata esclusa dai Mondiali di Nuova Delhi per decisione dell'Iba, l'International Boxing Association oggi bandita dal Cio, il comitato olimpico internazionale, perché gestita con criteri poco trasparenti dal magnate russo Umar Kremlev, amico di Vladimir Putin, uno che a sua volta ha cavalcato la vicenda della pugile algerini per motivi di propaganda anti-occidentale. Il Cio ha invece ritenuto la produzione di testosterone da parte di Khelif perfettamente a norma dando via libera alla partecipazione della algerina ai Giochi di Parigi.

La decisione del Cio non ha spento le polemiche sulla netta supremazia di Khelif nella categoria fino a 66 kg (dopo Carini ha battuto in fila l'ungherese Luca Hámori, la tailandese Janjaem Suwannapheng e in finale la cinese Yang Liu). J. K. Rowling, la scrittrice inglese creatrice di Harry Potter, non nuova a controverse prese di posizione su questioni di sesso e genere, dopo il match contro Carini solidarizzò con l'italiana, «una giovane pugile donna ha perso tutto quello per cui ha lavorato e si è allenata perché è stata eliminata da un uomo a cui è stato consentito di salire sul ring con lei».

Quanto a Musk, nei giorni di Parigi aveva condiviso due post, uno della nuotatrice Riley Gaines, che dal suo profilo aveva ha scritto che «gli uomini non appartengono agli sport per le donne #StandWithAngelaCarini» e l'altro dell'uomo 'affari John LeFevre, che sul suo profilo aveva scritto: «Kamala Harris supporta questo... Votate di conseguenza». In questo caso Musk aveva concordato scrivendo: «Vero, oppure che lo neghi».

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