Cerato, il re dei funerali che sognava di pedalare come Coppi

In cella il proprietario della San Siro con i due figli: facevano l'80% dei funerali milanesi

Alla fine, parlandoci, capivi che la vita aveva regalato poco o nulla al commendatore Alcide Cerato, 69 anni, titolare delle imprese funebri San Siro, sicuramente il più illustre tra gli arrestati di ieri - insieme ai figli Massimo, 42enne e Andrea, 39 - con l’accusa di corruzione e rivelazione d’atti d’ufficio. E che proprio per fare un paragone con il suo adorato ciclismo - lo sport per il quale, oltre al suo lavoro, ha speso l’esistenza - le salite per lui erano state tante e molto ripide, sia nella vita professionale che in quella privata. «Mica si nasce proprietari delle pompe funebri San Siro! - diceva, battendo i pugni sul tavolo del suo ufficio di via Pantano, furioso e amareggiato - Lo sa che dopo il naufragio del mio primo matrimonio mi hanno affidato i figli e li ho tirati su da solo? Poi ho girato il mondo perché la San Siro diventasse la numero uno nel campo delle pompe funebri. Sa cos’è? L’invidia! Siamo i migliori, facciamo più funerali degli altri, abbiamo portato la Funeral House in Italia dall’America quando gli altri nemmeno sapevano cos’era. Chiaro: i titolari delle piccole imprese ci odiano. Ma non siamo mai stati condannati, mai una volta: tutte le accuse sono sempre finite in una bolla di sapone. È la legge del mercato! Ma sapesse quante cattiverie, quante menzogne! Senza parlare delle minacce e degli attentati! Guardi le foto del deposito che ci hanno bruciato, guardi! Sono in pena per i miei nipoti».
Con il commendatore ci avevamo parlato un anno fa, in occasione dell’ennesimo attacco di suoi concorrenti che lo avevano denunciato accusandolo per l’ennesima volta di «soffiare» sistematicamente loro l’affare del caro estinto, ovvero moltissimi funerali grazie a una rete di conoscenze più o meno lecite. Lui - alla conferenza stampa indetta da «quelli là» per infangare il suo nome con il pretesto di una denuncia inoltrata alla Procura della Repubblica di Monza - non s’era fatto vedere, no. Ma aveva voluto incontrarci nella sua sede di via Pantano per raccontare anche la sua di verità. Incuriositi accettammo: l’uomo che guida un’azienda che ha fatto 180mila funerali in 45 anni d’attività (l’80 per cento dei funerali milanesi), che è stato amico di gente come Bettino Craxi e Marco Pantani ed è conosciuto per essere uno dei maggiori benefattori d’Italia, nonchè generoso e appassionato dirigente della Federazione ciclistica, è senza dubbio un personaggio. Un tipo che esordì, durante il nostro lunghissimo colloquio confidandoci che la storia della San Siro era iniziata con una sua caduta dalla bicicletta. Friulano di Legnaro (Pordenone), nel 1964 Cerato era un ciclista professionista e correva il Giro d'Italia quando un brutto incidente sulle strade del Piemonte, lo lasciò a terra con le ossa rotte, la licenza ritirata dalla Federazione. «In seguito sono diventato appassionato e fortunato dirigente di squadre dilettantistiche - spiegava con enfasi -. Io il ciclismo lo amo, ce l’ho nel cuore.

Ma quella caduta non mi tolse la voglia di vivere, di andare avanti. Anzi: sono convinto che tutto quello che si fa bisogna farlo bene». Adesso sembra che la Procura di Milano pensi che Alcide Cerato lo abbia fatto fin troppo bene.

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