nostro inviato a Catania
«Ciao papino, io non riesco a stare senza di te... Quando ho saputo della tua morte ho deciso di farmi del male, non mangiando e non bevendo più. Ma mi dicono che questi sono momenti difficili e bisogna farsi forza. Adesso spero solamente che la tua morte spinga la società a cambiare, perché tu sei un eroe. Io non riesco a stare senza di te, perché siamo uguali... Abbiamo gli stessi pregi e difetti, come le labbra grosse e un ginocchio che dà qualche problemino». La voce di Fabiana Raciti, 15 anni, figlia del poliziotto ucciso fuori dallo stadio di Catania, entra dritta nel cuore delle tremila persone che affollano la cattedrale, delle migliaia che seguono per strada la funzione ascoltando gli altoparlanti. E tutti, i poliziotti in servizio e i tanti venuti privatamente, i politici schierati nelle prime fila, quelli del governo e quelli dell'opposizione (tra i tanti i leader di An Gianfranco Fini e dellUdc, Pier Ferdinando Casini), la squadra di calcio del Catania che attende il feretro per strada, i ragazzi delle scuole, tutti hanno le lacrime agli occhi.
E tutti sembrano provare un sentimento di vergogna per non essere riusciti a fermare questa sorta di orgia mortale attorno a un pallone. «Voglio papà, voglio papà», sussurra il piccolo Alessio che ieri portava in testa il berretto del padre. Ed è toccato alla giovane madre Marisa Grasso farsi forte e trasformare il proprio immenso dolore in consapevole appello ai politici e soprattutto ai tifosi: «Immaginavo che quella sera sarebbe tornato con qualche ferita ma non mi sarei mai immaginata che sarebbe finita così. Mi rivolgo a quei ragazzi che guardano la polizia con odio e disprezzo. Mio marito era un educatore alla vita, vorrei che fosse un educatore anche nella morte... I ragazzi riflettano, la sportività è una cosa bella, la violenza fa male. Essere grandi si dimostra con il rispetto».
E così quella che doveva essere la celebrazione del Pontificale per la festa di sant'Agata è stata trasformata su decisione dellarcivescovo di Catania, Salvatore Gristina, in funerale solenne per Filippo Raciti. Doveva essere il giorno della festa ed è diventato il giorno del lutto. Tra le ali della folla raccolta in via Etnea doveva passare il «percolo» con le reliquie della santa ma ieri mattina ha ceduto il passo al feretro di un servitore dello Stato morto per garantire una partita di calcio. «E da ieri si cominciano a sentire preoccupanti parole di antico razzismo», dice pensieroso il leader dell'autonomismo siciliano, Raffaele Lombardo. Mentre il viceministro dell'Interno Marco Minniti non dà molto credito a quanti sostengono che si tratta di episodi di violenza legati alla mafia: «È molto più complesso. Tra i ragazzi arrestati ci sono anche giovani studenti e figli di professionisti. Dobbiamo riflettere su questo». Scelgono il silenzio i politici, il ministro Giuliano Amato, Giovanna Melandri e il governatore Salvatore Cuffaro che prima di entrare in Chiesa subiscono insulti e fischi. Parla per loro il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il cui messaggio in chiesa è letto da un capo della polizia Gianni De Gennaro particolarmente commosso: «Gli italiani debbono essere consapevoli del prezioso servizio che prestano nel comune interesse le forze dell'ordine.
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