"Marco Pantani non è stato ucciso". È questa la conclusione a cui è arrivata la Procura di Rimini, al termine della nuova indagine sulla morte dell'ex ciclista. Il 14 febbraio saranno già trascorsi 20 anni dal giorno in cui il Pirata fu trovato senza vita in una stanza dell’hotel Le Rose di Rimini. E la nuova inchiesta, coordinata dal procuratore capo Elisabetta Melotti e dal sostituto procuratore Luca Bertuzzi, avviata in seguito all’indagine della Commissione Antimafia partita nel 2019, è approdata alla stesso epilogo delle due precedenti. In sintesi, Pantani è morto per un mix di farmaci antidepressivi e di cocaina assunti volontariamente. E soprattutto non ci sarebbe stato nessuno insieme a lui in camera, al momento del decesso.
Le nuove indagini
Nel corso della terza indagine gli inquirenti hanno sentito una ventina di persone, molte delle quali mai ascoltate nelle precedenti inchieste. A fornire i loro nomi Tonina Belletti, la madre del Pirata. Tra loro alcuni amici e donne frequentate dal campione. Nessuno di loro ha confermato i sospetti della famiglia. Nemmeno Mario, tassista di Cesenatico, che al programma Le Iene disse di aver portato due ballerine da Pantani all’hotel Le Rose la mattina in cui morì. Il suo racconto è stato ritenuto dagli inquirenti lacunoso e pieno di incongruenze ed è stato smentito da una delle donne (l’altra è morta), che ha negato di aver mai incontrato Pantani. Così come l’investigatore privato che, a Tonina, riferì di aver eclatanti rivelazioni: ha ammesso poi con gli inquirenti di essersi inventato tutto per spillare soldi. L’uomo, denunciato dagli avvocati della famiglia Pantani, è morto.
I dubbi irrisolti
Anche i nuovi elementi forniti alla fine dell’estate scorsa da Tonina, che aveva fatto il nome di un uomo che forse era con Marco quando morì, non hanno avuto dei riscontri. E anche se non si può escludere che qualcuno abbia visto Pantani il 14 febbraio 2004, non ci sono elementi per poter dire che il campione è stato ucciso e che qualcuno fosse con lui nella stanza dell’hotel Le Rose, quando è morto. Eppure Fabio Miradossa, condannato insieme a Ciro Veneruso per la dose fatale, prima a Le Iene e poi alla Commissione Antimafia aveva sostenuto che "Marco è stato ucciso". La sua tesi si basava anche sul fatto che non sono stati ritrovati i 20mila euro che il Pirata aveva prelevato. Nella relazione finale la stessa commissione antimafia, nel 2022, concluse che c’erano state lacune investigative. Così come c’erano ombre sulle analisi eseguite il 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio, che costarono al Pirata la squalifica dal Giro d’Italia, che stava per vincere, per il valore troppo alto di ematocrito.
L'ultimo epilogo
Ora dopo tre anni anche la terza indagine è finita e si verso la richiesta di archiviazione. Come la seconda, avviata nel 2014 e conclusa con l’archiviazione nel 2016, arrivata alla conclusione che il Pirata avesse assunto volontariamente farmaci e cocaina. Tesi condivisa nel 2017 dalla Cassazione, che confermò l’archiviazione del caso. E questa terza inchiesta va nella stessa direzione. "Se e quando arriverà la richiesta di archiviazione – dice l’avvocato Fiorenzo Alessi – valuteremo le motivazioni e decideremo se varrà la pena fare opposizione.
Sappiamo che in questi anni la Procura ha indagato a fondo seguendo i nuovi indizi che abbiamo fornito per conto della famiglia Pantani". Nonostante tutto mamma Tonina non si dà pace, convinta che "c'era qualcuno insieme a Marco il giorno in cui è morto".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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