Ciclone Nargis, ora si parla di 100mila morti

E il regime continua a centellinare la concessione di visti ai soccorritori

Oltre un milione di senzatetto, 5000 chilometri quadrati ancora sommersi ed i bambini che potrebbero essere il 40% delle vittime. Il ciclone che ha devastato l’ex Birmania si sta dimostrando «una catastrofe di enorme gravità», come ha spiegato ieri Richard Horsey, portavoce dell’ufficio dell’Onu a Bangkok per il coordinamento degli aiuti umanitari, che ha ammesso che il bilancio finale della tragedia potrebbe «innalzarsi in maniera molto significativa». Per ora le cifre ufficiali parlano di 22.980 morti accertati ed oltre 41mila dispersi. In pochi pensano di trovare qualche disperso ancora in vita, ma le vittime, secondo stime Usa, potrebbero essere centomila.
«Testimoni hanno visto migliaia di corpi in decomposizione dopo il ritiro dell'acqua», ha detto Andrew Kirkwood, direttore per la Birmania di Save the Children. Circa il 40% delle persone che vivono nelle zone più colpite sono sotto i 18 anni. Per questo si teme un’ecatombe di bambini. La zona ancora allagata è grande come il Triveneto. Di molti villaggi del delta dell'Irrawaddy non c’è più traccia. Aye Kyu, uno dei medici birmani scampati al ciclone, che sta cercando di salvare i sopravissuti, parla di villaggi di 5mila persone dove i superstiti sono solo 200 o 300. Nella città di Bogalay, per stessa ammissione del regime, sarebbero morti 10mila abitanti. A Labutta, nel sud-ovest del Paese, sono giunti i primi soccorritori. Parlano di superstiti che circolano come zombie tra cadaveri e carcasse di animali.
La giunta militare birmana, che tiene sotto controllo il Paese con il pugno di ferro, ha delegato al viceministro degli Esteri, U Maung Myint, la concessione dei visti ai soccorritori stranieri. All’appello del Papa ha fatto eco un forte monito del segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon. Sembrava che i militari avessero ceduto, ma in realtà stanno centellinando i permessi. Un convoglio dell’Onu con 22 tonnellate di aiuti, partito dalla Thailandia, è ancora bloccato alla frontiera. Un aereo delle Nazioni Unite, che doveva partire da Brindisi carico di materiale e con una squadra di esperti, ha rimandato il decollo in attesa di ulteriori permessi. L’opposizione birmana, guidata dalla premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, si appella alla comunità internazionale e chiede di aprire le frontiere. La Casa Bianca ha fatto sapere che il regime birmano non ha ancora risposto all’offerta di aiuto massiccio.

Il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, ha ipotizzato una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che imponga alla giunta militare di lasciar passare gli aiuti internazionali destinati alle vittime del ciclone.
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