"Mia": ecco un film crudo e doloroso sul non amore

L'opera del regista Ivano De Matteo con interpreti di caratura: Edoardo Leo, Milena Mancini e l'esordiente Greta Gasbarri

"Mia": ecco un film crudo e doloroso sul non amore

Mia ha quindici anni ed è figlia unica. Le sue giornate si dividono tra scuola, pallavolo, video su Tik Tok e chiacchierate con le amiche. A vegliare su di lei, due genitori amorevoli: il padre (Edoardo Leo), autista di ambulanze, e la madre (Milena Mancini), casalinga. La coppia cerca di non farle mancare nulla ma, come si conviene, pone qualche regola di convivenza dettata dal buon senso e vigila che la ragazzina si tenga alla larga da fumo, alcol e cattive compagnie.

L’incipit del nuovo film di Ivano De Matteo è qualcosa nel quale potranno riconoscersi quasi tutti, chi nel ruolo del genitore e chi dell’adolescente. Dapprima il racconto ti accarezza, ti culla e ti incanta e poi picchia duro e ti spezza il cuore in un’escalation di orrore.

Basta l’arrivo del ragazzo sbagliato (Riccardo Mandolini), deciso a rovinare la vita di Mia e dei suoi genitori per il gusto di farlo, per trasformare il mondo gentile di questa famiglia in un inferno sempre più profondo.

A poco serve ai genitori aver cresciuto una ragazza fin troppo seria, che vediamo timidamente ritrarsi di fronte al primo bacio e poi, a storia avviata, proseguire a dispensarne a stampo al fidanzato. A poco serve al padre essere l'esempio vivente di un maschile sano, parte di una coppia affiatata, innamorata e pudica. Mia viene comunque predata. Individuata dal suo futuro carnefice forse proprio perché il fiore più prezioso, quello ancora in boccio. Il bulletto di quartiere travestito da principe azzurro fa sentire Mia speciale, all’inizio la rispetta, la lusinga per poi, con scientificità programmatica, allontanarla da tutto, fino ad isolarla completamente. Ma ancora non basta. La vorrà annullare, annientare.

“Mia” diventa allora una storia cruda, intrisa di realismo e di disperazione, in cui le dinamiche relazionali hanno conseguenze scioccanti.

I personaggi sono figure comuni, il che permette ancor più di sferrare a tempo debito il colpo decisivo nello stomaco e nell’emotività di buona parte del pubblico. “Mia” ci dice, in maniera anche terrorizzante, che non c’è riparo spesso di fronte al rischio di chiamare amore qualcosa che non lo è.

Fare la differenza, questa dovrebbe essere l’aspirazione quando si tratta di cinema impegnato come quello di Ivano De Matteo. “Mia” sembra riuscirci, dal momento che sa parlare allo spettatore di ogni età. Non si tratta di un semplice teen drama, bensì di una tragedia umana trasversale, che attualizza il sempre esistito “sedotta e abbandonata” e filma con dolorosa tenerezza le paure più recondite dell’essere genitore.

Ad amplificare la portata empatica di un film già potente, il cast perfetto: Greta Gasbarri, nel ruolo di Mia è un’esordiente deliziosa, che visivamente ricorda una giovanissima Taylor Swift, affiancata da due attori di caratura come Milena Mancini ed Edoardo Leo, quest’ultimo oramai uscito dal cliché del guascone da commedia e divenuto un interprete a tutto tondo, tra i più completi e credibili del nostro Paese.

Ci sono film che è riduttivo giudicare solo in termini di qualità tecnica e artistica. Quando avviene che intenzioni nobili si accompagnino ad efficacia dirompente, siamo di fronte a un’opera riuscita al di là dello stretto giudizio critico. Solo il finale scricchiola un po’, con una scena madre di troppo e una volontà di critica sociale e politica che sembra già appartenere a un altro film.

“Mia” è senz’altro un film di

spessore, in cui tenerezza e disperazione viaggiano a distanza ravvicinata e il cui materiale narrativo di angosciante verosimiglianza serve a responsabilizzare su argomenti delicati e d’importanza vitale.

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