
nostro inviato a Roma
Da San Pietro a Santa Maria Maggiore. Una festa di popolo che supera il funerale e ricomincia la domenica mattina. Sfilano uomini e donne in un caleidoscopio di nazionalità e pare di essere in una pagina degli Atti degli Apostoli: tutto il mondo vuole fermarsi un istante, uno solo, davanti a quella tomba che è diventata il centro di Roma.
I potenti se ne sono andati, forse qualcosa cambierà nella geopolitica, chissà, ora è tutta un'esplosione di devozione. Pensavamo, per un pregiudizio Illuministico, che fosse un retaggio del passato, scopriamo che è il cuore della religiosità. «Che emozione, che emozione» , ripetono i più, braccati da telecamere e taccuini, colmi di sentimenti che altrove non germogliano. «Sarà dura trovare un altro come lui, lui era un papa vicino alla gente», spiegano i pellegrini che hanno appena terminato la breve visita.
Come spesso succede per i luoghi di culto, ma qui ancora di più, Santa Maria Maggiore entra di corsa nella classifica delle mete più gettonate del turismo religioso. Si comincia alle sette del mattino. In realtà ancora prima: i fedeli si sono messi in coda a centinaia già all'alba. Finalmente le porte si spalancano: all'ingresso c'è il rettore Rolandas Makrickas, cardinale lituano, che sorride. Si passa la Porta Santa, si segue la transenna e si arriva davanti al sepolcro. A quell'iscrizione senza fronzoli, Franciscus.
Per terra c'è una rosa bianca, testimonianza di quel legame tenace fra Bergoglio e Teresa di Lisieux, la santa dei paradossi, dottore della Chiesa senza aver mai frequentato l'università, patrona delle Missioni senza mai essere stata oltre Roma. «Quando ho un problema - raccontava Bergoglio nel libro El Jesuita - chiedo alla santa non di risolverlo, ma di prenderlo in mano ed aiutarmi ad accettarlo, e come segnale ricevo quasi sempre una rosa bianca». Eccola, è lì.
« Per favore, non fermarsi», «Di qua», «Pay attention», sembra di stare in metropolitana all'ora di punta. Un segno di croce, uno scatto col telefonino, un istante a tu per tu, ma senza smettere di camminare. È il miracolo del primo giorno di Bergoglio che non c'è più ma continua misteriosamente ad alimentare il rapporto con i tanti che gli volevano bene. Roberto, 66 anni, intervistato dall'Ansa, potrebbe essere il simbolo dell'uomo contemporaneo, lontano da Dio. Invece, anche lui è qui: «A me colpì una sua frase: è meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri. Io sono ateo ma se posso faccio del bene agli altri». Due ore di attesa, ma non importa. Il flusso è costante, Francesco toccava il cuore delle persone e quella forza si sente ancora.
La grandezza di Francesco si comunica nelle sue infinite sfumature: «Per me era importante essere qui» , spiega Diana che col marito è arrivata addirittura dall'Australia. A volte c'è una ragione esplicita, a volte no. « Ha voluto una Chiesa per i poveri, il cuore del Vangelo», sottolinea Florentine, infermiera del Benin, da tempo residente in Francia. Il serpentone non si interrompe mai: «È una tomba semplice - osservano i più - come era semplice lui». Arriva la pioggia, sottile, e chi ha l'ombrello si ripara, ma nessuno fa dietrofront. Nel pomeriggio ci sono i cardinali, tocca a loro, poi si ricomincia. Il corpo di Bergoglio riposa fra la cappella Paolina, dove c'è la celebre icona di Maria venerata da Francesco, e la cappella Sforza. Molti hanno fra le mani una rosa bianca. C' è anche Carmela, la,signora che aveva portato al Gemelli i fiori gialli ed era stata salutata da Francesco.
E poi, ecco i ragazzi, a gruppi. La domenica riserva infatti un altro evento: il Giubileo degli adolescenti che raduna a San Pietro 200mila giovani arrivati da tutto il mondo per la messa celebrata dal cardinale Pietro Parolin. Le t-shirt, le divise da boyscout, i calzoncini corti e gli zaini in spalla. «Era uno di noi», dinono i ragazzi. Poi molti vengono calamitati da Santa Maria Maggiore.
Entrano, magari con la chitarra al collo, e qualcuno intona un canto. Gli accessi proseguono fino a tarda sera, con orari che sembrerebbero più adatti a d'un cinema. Ma è una festa che non vuole finire. Come la speranza che ha preso il sopravvento nelle strade di Roma.
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