Nessuno guarda i suoi film e il regista canadese dice basta: la storia di Xavier Dolan

Il regista di Mommy è stato al centro di una polemica che ha scosso il web. A soli 34 anni il buon (e bravo) Xavier Dolan decide di lasciare il mondo del cinema

Nessuno guarda i suoi film e il regista canadese dice basta: la storia di Xavier Dolan

Farsi strada nel mondo dello spettacolo è un’impresa molto difficile. Essere un artista lo è ancora di più, soprattutto dal momento in cui la cultura (alta o bassa che sia) si è mercificata all’inverosimile. Emergere in un contesto così vacuo e in continuo movimento è impossibile. C’è chi riesce a raggiungere il successo e chi, invece, è costretto a navigare a vista in un mondo che chiede sempre di più. E chi vive in questo sottobosco senza mai riuscire a far brillare il suo talento vive in una condizione da eterno infelice. Questo, in parole povere, è quello che è successo a Xavier Dolan. Il regista, sceneggiatore e attore originario di Montreal, è stato il protagonista di una vicenda che ha popolato i social nel corso degli ultimi giorni dopo che, in un’intervista rilasciata a El Paris e El Mundo, ha dichiarato di voler smettere di fare cinema perché i suoi film "non li guarda più nessuno". Dichiarazioni molti forti e pungenti che sono stati riportati anche dai media italiani – il primo è stato Rolling Stones -. A questo, poi, ha fatto seguito un post sul profilo Instagram di Xavier Dolan che ha cercato di sedare la polemica che è esplosa in rete, spiegando le motivazioni che ci sono dietro la sua scelta. Le parole però restano e fanno pensare molto sulla condizione che stanno vivendo tanti talenti come Xavier Dolan.

Più che altro, non fa discutere la notizia in sé. È lecito il fatto che un regista abbia intenzione di prendersi una pausa dopo anni di duro lavoro. Fa pensare il fatto che un uomo di appena 34 anni, con una vita davanti, abbia già bruciato le tappe tanto da non "sentirsi stimolato" dal mondo in cui vive. I più critici hanno evidenziato come il regista, che da qualche tempo non riesce più a convincere con le sue opere, stia solo cercando di recuperare un po' di credibilità perduta. Quando, invece, dietro la sua storia c’è molto (ma molto) di più.

L’enfat prodigue del cinema contemporaneo

Per cercare di capire cosa c’è dietro la scelta di Xavier Dolan di appendere al chiodo il suo "vestito" da regista, è lecito esplorare la sua fulminante carriera. Perché è nei suoi film, nei suoi successi (e insuccessi) che si trovano le ragioni di un artista che per salvare se stesso decide di abbandonare – per sempre – i suoi sogni di gloria. È stato un vero e proprio prodigio dato che, a solo 19 anni, dirige con pochi mezzi il suo film-manifesto dal titolo J’ai tuè ma mère, storia di un rapporto complicato tra madre e figlio, che ha portato Dolan a farsi notare al Festival del Cinema di Cannes. Lodato per il suo modo di raccontare i giovani, gli affetti e il mondo che stiamo vivendo, il regista continua nella sua esplorazione con Gli amori Immaginari dove compare anche nella veste di attore. Alza poi l’asticella con Laurence Anyways e il desiderio di una donna, film lungo tre ore ma di una bellezza mai vista, che parla dell’importanza di amare (profondamente) nonostante le insidie del tempo, per toccare poi argomenti molto forti (come l’accettazione di noi stessi) nel controverso Tom à la ferme. Supportato dalla critica che loda, per l’appunto, le idee fuori dagli schemi di Dolan, il regista si sente amato e apprezzato anche se, di fatto, i suoi film non riescono mai a uscire dal contesto dei festival e non arrivare mai nel circuito delle grandi distribuzioni. Almeno fino a Mommy.

In Italia arriva il successo con Mommy

Il quarto film di Xavier Dolan, prodotto nel 2014, si può dire che è stato il primo vero successo commerciale per il regista tanto da trovare una buona accoglienza di pubblico anche nel nostro paese. Pur restando fermo nella sua poetica più tipica, con uno sguardo quasi melanconico, Xavier cerca di raccontare i turbamenti di un ragazzo adolescente che soffre di un disturbo dell’apprendimento e il suo rapporto con la madre. Un film molto intenso capace di convincere proprio tutti. È con Mommy che si sono (ri)scoperti i primi lavori del regista. Il suo primo successo commerciale lo ha portato a lavorare con i più grandi attori, come Vincent Cassell e Marion Cotillard, in E’ solo la fine del mondo. Ma i mal di pancia sono appena cominciati.

I rapporti con i genitori e il sogno d’amore nei film di Dolan

Un debutto al cinema appena diciannovenne ma con una piena consapevolezza di sé. È una vera e propria gemma rara quella di Xavier Dolan. Nonostante non abbia trovato subito largo consenso da parte del pubblico, si è fatto apprezzare per la sua genuinità, perché capace di leggere con un occhio critico e melanconico tutto il mondo che stiamo vivendo. E di storie ce ne sono da raccontare. Ha avuto l’ardire di fotografare la modernità attraverso i complicati rapporti tra genitori e figli, stigmatizzando uno scontro generazionale senza precedenti. Inoltre ha avuto la capacità di raccontare i rapporti di coppia senza mai lesinare nei dettagli, facendo emergere dei giovani-adulti terribilmente infelici e sopraffatti dal peso dei loro errori. Temi per nulla facili ma veicolati attraverso storie di impatto e efficaci, costruite con uno stile registico minimale ma di grande impatto.

Pioggia di critiche sul suo primo lavoro negli Stati Uniti

Il successo, però, ha portato Xavier a confrontarsi con la dura legge delle major internazionali. E, forse, quello che è accaduto con La mia vita con John F. Donovan (film del 2018) è stato il punto di rottura. Nel suo primo lavoro in terra americana, il regista ha unito un cast di grandi stelle, da Natalie Portman a Susan Sarandon, da Kit Harington a Katy Bates per raccontare l’ascesa e la discesa di una star della tv americana colpita da uno scandalo di pedofilia. Il film è stato più volte tagliato in diverse parti, mostrandosi al pubblico in una forma per nulla esaltante e senza mai scendere a fondo nella storia. Si dice che, all’inizio, fosse lungo ben 5 ore e che Dolan sia stato costretto a tagliare la parte di Jessica Chastain ma, di fatto, a distanza di cinque anni dalla sua uscita, ancora non si è compreso il motivo di tale scelta. Non è stato il suo canto del cigno ma il regista ha perso un po' della sua credibilità,

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La storia di Xavier che fa riflettere sullo "stato" dell’arte

Arriviamo così alla notizia del suo allontanamento dalle scene che ha fatto così tanto rumore. Di per sé non dovrebbe strabiliare il fatto che un regista del suo calibro, che in pochi anni ha superato tante sfide, ha bisogno di un periodo di riposo. La verità, però, sta nel mezzo. Il suo altro non è che un grido dall’allarme. Un grido su quanto sta accadendo al mondo dell’arte. Un grido per far capire quanto sia difficile essere un regista in una realtà in cui il talento conta ben poco e chi possiede in dono si vede costretto a dover restare nell’ombra, fagocitato da una realtà che non lo apprezza. Lui ammette di non essere stimolato, di non "riconoscere il mondo in cui vive" e di non "aver la voglia di raccontarlo". Un grido di allarme che, appunto, fa riflettere.

Addio al cinema ma sì alle serie tv

Una decisione presa con ponderazione ma il regista continuerà a lavorare e a portare a termine i progetti già in produzione.

Ora sta promuovendo la sua prima serie tv, che sarà disponibile solo in Canada, Francia e Spagna dal titolo The Night Logan Woke Up, descritto come un "audace" thriller psicologico. La serie sarebbe dovuta arrivare anche in America sulla HBO ma per ora non è prevista nessuna distribuzione internazionale.

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