La trama, il flop DeLorean e la colonna sonora: Ritorno al futuro ha 40 anni (e li porta benissimo)

Quarant'anni fa si concludevano le riprese di Ritorno al futuro, capolavoro intramontabile. Il film ha creato miti, dalla DeLorean alla colonna sonora

La trama, il flop DeLorean e la colonna sonora: Ritorno al futuro ha 40 anni (e li porta benissimo)

«1,21 Gigawatt????» esclama sconvolto il Emmett “Doc” Brown nel 1955 pensando all’impossibilità di mandare “indietro” nel futuro Marty Mc Fly. Insomma, quarant’anni fa, in questo periodo, si stavano ultimando le riprese di Ritorno al futuro (che sarebbe uscito il 3 luglio negli Usa e il 18 ottobre in Italia: uno dei film più belli della storia del cinema, Quentin Tarantino lo ha definito “il film perfetto”), iniziate a fine novembre del 1984 e con soli 65 giorni per portarlo a termine. Dietro il progetto non poteva esserci altri che Steven Spielberg, con Robert Zemeckis alla regia.

Non so quante volte io lo abbia rivisto, e la fanbase è sterminata, e le pagine Instagram innumerevoli: in Italia tra le molte seguitissime ci sono backtothefuturememorabilia e backtothefuture_italia, e i ritrovi, gli incontri ai Comicon con Michael J. Fox e Christopher Lloyd, il merchandising non conoscono pause.

Nel film, ambientato nel 1985, Marty si ritrova nel 1955 (la trama non ve la racconto, se non la conoscete e non l’avete mai visto dovete andare da un medico, perché il mondo per noi si divide in due categorie: i fan di Ritorno al futuro, e gli altri), ma pensate se fosse girato oggi: Marty, andando trent’anni indietro nel tempo, si ritroverebbe nel 1995 (fa strano, a rifletterci).

È un film costruito talmente bene che si passa tranquillamente sopra alle incongruenze che portano inevitabilmente i racconti sui viaggi nel tempo (come in Terminator passiamo sopra a John Connor che manda indietro nel tempo il giovane amico Kyle Reese che mette incinta Sarah Connor da cui nascerà lo stesso John Connor…).

Una tra tutte: quando Marty alla fine ritorna al presente, si ritrova davanti la stessa scena vissuta quando è partito, vedendo sé stesso che prende la DeLorean per partire verso il 1955 e i libici che sparano a Doc. Il quale però non muore, perché aveva letto la lettera che Marty gli aveva scritto nel 1955 e ha indossato un giubbotto antiproiettile. Ma allora perché andare nello stesso posto e far succedere la stessa cosa se già lo sa?

Inoltre Marty visto da Marty non è lo stesso, perché avendo reso il padre un vincente si ritrova in una realtà cambiata, il padre ora è un uomo di successo e il perfido Biff è un suo dipendente, gli lava umilmente la macchina. Domanda: l’altro Marty che fine fa? A un certo punto avrebbe dovuto tornare anche lui, e anzi dirò di più: se i fatti vanno nello stesso modo in cui sono andati la prima (anche se non si capisce perché), l’altro Marty sarebbe tornato esattamente nello stesso punto e nello momento del Marty iniziale, con lo scontro delle due DeLorean. Però il tutto è talmente fantastico che non avrebbe potuto essere altrimenti, e adoriamo quella scena. Piuttosto si chiama Trilogia ma per gli amanti di Ritorno al futuro i film sono due: il terzo, ambientato nel west, non se lo fila nessuno, sembra un’appendice inutile e noiosa, e dire che quello realizzato in fretta e furia è stato il primo (con Michael che si divideva tra il set di Casa Keaton e quello di Ritorno al futuro, dormendo tre ore a notte quando andava bene).

Come sappiamo la carriera di Michael J. Fox è stata stroncata da una forma rara e precoce di Parkinson (a proposito, se non l’avete già fatto guardate Still, il documentario sulla sua vita). Oggi è impegnato nel trovare fondi per la ricerca (e ne ha trovati moltissimi, ricevendo l’anno scorso da Biden la medaglia presidenziale per la libertà), ma per tutti è e sarà sempre sempre Marty. Così come Christopher Lloyd: al contrario di Michael, ha una carriera lunghissima da grande attore, ma resterà sempre Doc. A tal punto che ci si è rassegnato perfino lui: il suo account su Twitter (cioè X) si chiama @DocBrownLloyd. Nonostante i suoi 86 anni, Christopher potrebbe ancora interpretare Doc (all’epoca era invecchiato con il trucco, oggi va bene così), Michael purtroppo no.

A proposito di DeLorean: «Doc, hai costruito una macchina del tempo con una DeLorean?». «Se devo scegliere una macchina, perché non scegliere una bella macchina?». La DeLorean, che oggi è un’auto mitologica, in realtà fu un flop commerciale, aveva scarse prestazioni, l’azienda fallì poco dopo che John DeLorean fu arrestato per traffico internazionale di stupefacenti. All’epoca ne furono vendute solo seimila. In compenso oggi è in produzione una replica (elettrica) della DeLorean DMC che costerà 250mila dollari.

Tutto ciò che è entrato in Ritorno al futuro è diventato mitico, come la canzone The power of love, degli Huey Lewis and the News. Che consegnarono a Zemeckis una canzone d’amore perché Huey Lewis non sapeva cosa scrivere sui viaggi nel tempo. In realtà fu perfetta, perché Ritorno al futuro è anche una storia d’amore (e fu difficile all’epoca far passare l’idea della mamma che si innamorava del figlio, pur non sapendolo).

Da anni si vocifera di un remake di Ritorno al futuro, ma sia Spielberg che Zemeckis sono stati chiari: no.

E hanno ragione: non puoi fare il remake di un film così leggendario e che ancora è impeccabile, non risente minimamente dei suoi quarant’anni (come tutti i film dove c’è dietro Spielberg direi). Anche allo sceneggiatore Bob Gale viene chiesto continuamente di un remake, ha sempre risposto gentilmente che non se ne parlava, ma ultimamente ha perso la pazienza rispondendo un chiaro e lapidario: «Fuck you!».

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