Roma - Il 20 novembre sarà ricordato, speriamo, come un giorno rivoluzionario per il nostro continente, per la sua stessa ragion d’essere politica e storica: è arrivata Europeana. E c’è da dire: finalmente.
Tecnicamente, Europeana è un network tematico, ovvero una rete immensa di contenuti, appresi dalle fonti più disparate - musei, centri culturali, gallerie, archivi, biblioteche - e messi a disposizione dell’utente. A un primo sguardo, l’impostazione grafica è severa, ma è quella snellezza della forma che ti spinge a lasciar perdere i fronzoli per concentrarti su un frutto ghiottissimo offerto dalle nuove possibilità tecnologiche: in pratica, significa avere sotto le mani un portale che ti permette di accedere on line a due milioni di opere del patrimonio culturale europeo, riprodotte in formato digitale e disponibili in ventitré lingue. Da ieri, chiunque di noi potrà consultare con estrema facilità una quantità sterminata di libri, audio, film, foto, quadri, mappe, manoscritti, giornali e documenti d’archivio, costruendosi il proprio percorso mediante cui avventurarsi in questo progetto carico di speranze, che mette in scacco qualche luogo comune del pessimismo tecnologico.
Guardiamo Europeana anche da un’ottica politica. Se l’europeismo oggi ha ancora una quantità residuale di forze, realizzazioni come questa sono un ottimo carburante per fare un po’ di strada in avanti. E infatti: cosa ci siamo raccontati fino a oggi e cosa continuiamo a pensare, peraltro con fondate motivazioni? Che l’Europa era un freddo progetto tecnocratico, privo di anima e di profondità storica, algido e distante come i palazzoni di Bruxelles, opaco e respingente come i vetri oscuri di quei palazzoni. Abbiamo rimproverato ai governanti e alle loro burocrazie di degradare l’idea di Europa a direttive, norme, regolamenti, vissuti dai popoli come una continua, e indebita, intromissione dall’alto nella vita quotidiana e nelle sovranità nazionali. L’euroscetticismo è un vento che più di una volta è già girato a tempesta contro istituzioni che non sono ancora considerate parte del nostro immaginario, della nostra visione della politica e della nostra identità culturale. Ecco, Europeana da questo punto di vista può, potrebbe rappresentare un salto di livello e un’inversione di tendenza. Per diverse ragioni.
Forse per la prima volta, questa megabiblioteca digitale ci spinge a farla finita una volta per tutte con la convinzione che l’identità comune dell’Europa vada creata, inventata, costruita sopra e contro la storia culturale dello spirito europeo.
Qui si adotta un principio completamente opposto: si parte dal basso, da quello che c’è, da ciò che la storia europea ci ha consegnato sotto forma di creatività e creazione artistica, i capolavori della pittura e della letteratura, le avanguardie artistiche, i classici del pensiero politico, la storia sociale e del costume, l’informazione giornalistica, Dante e Mary Quant, Céline e Fellini, in una giusta contaminazione tra «alto» e «basso» culturale, tra cultura scientifica e culture popolari. E qui sta la differenza rispetto a progetti analoghi di archivi mondiali del sapere, per cui si sono già sprecati i paragoni con la Biblioteca di Babele di J. L. Borges dove «tutti gli uomini si sentirono padroni di un tesoro intatto e segreto» o con l’impossibile Biblioteca universale di un racconto di Kurd Lasswitz, formata da un numero di libri pari a 10 elevato a due milioni: Europeana ha dei confini, qui si vuole raccogliere, in una sorta di gigantesca memoria collettiva, solamente (solamente!) la storia dell’Europa. Più di quanto qualsiasi visionario o qualsiasi storico avrebbe mai potuto sperare, fino a pochi anni fa.
La tecnologia, in questo caso, diventa non un ostacolo ma un valore aggiunto, un booster delle radici culturali. E c’è un altro dato positivo di novità. I due milioni di documenti, che arriveranno a otto nel giro di un paio di anni, non restano chiusi nella torre d’avorio di qualche consorteria intellettuale o nelle remote stanze di edifici irraggiungibili ma vengono liberati nella Rete, e condivisi in quella particolare forma di nuovo comunitarismo su base tecnologica che Manuell Castells pone alla base delle nuove identità sociali. Su Europeana non si scaricano solo contenuti, si ha la possibilità di creare o aggregarsi a gruppi di discussione sull’autore o l’argomento che più ci interessa, con grande facilità. È, potenzialmente, anche un esperimento di democrazia digitale.
Potenzialmente, va detto.
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