Collins, gli eroi della Motown e una prepensionamento in sordina

Il cantante e batterista dei Genesis torna con un disco di cover dedicato alla musica nera degli anni Settanta. «Poi smetterò di suonare. I Genesis? Nel 2007 abbiamo scritto la parola fine»

Magari ci ripensa. Magari scoprirà che andare in pensione a sessant'anni può risultare oltremodo noioso. Pur vivendo nella dorata cornice di Ginevra. Magari subirà (come tanti sui colleghi e coetanei) il richiamo del palco. Magari, semplicemente, sentirà in maniera insopportabile l'assenza di adrenalina. Phil Collins compirà sessant'anni il prossimo 30 gennaio. Ha deciso di festeggiarsi a modo suo. Nel modo proprio di un musicista. E cioè «regalandosi» un disco di cover delle canzoni del cuore. Almeno del cuore di un giovane teen ager londinese, praticamente nato con le bacchette in mano e con l'orecchio incollato ai giradischi che rimandavano le note dei capolavori della Motown. L'ottavo album da solista del batterista dei Genesis si intitola «Going back» e sarà nei negozi di dischi da settembre. Per l'occasione Collins concederà al suo pubblico (americano) un mini-tour con quattro o cinque date tra New York, Montreaux e Philadelphia.
Poi più niente. In un'intervista al «Corriere della Sera» di due giorni fa spiega che si sente come un artista che, arrivato a una certa età, trova più piacere a dipingere per sé che per gli altri. Perché mai non dovrebbe scrivere canzoni per sé e la sua famiglia e i suoi amici, senza sentire il bisogno di pubblicarle? Certo che può. Il giornalista del «Corriere» ne deduce che la questione Genesis è definitivamente archiviata. Infatti, replica Collins. Il trionfale tour del 2007 è stato pensato proprio come il più tradizionale dei «farewell tour», con tanti effetti speciali e una particolare attenzione e cura a centellinare il meglio di un repertorio lungo più di otto lustri. Peccato per i tanti, tantissimi fan, soprattutto italiani, tenuti all'oscuro del «piccolo» dettaglio. All'epoca il tour non era stato annunciato in questo modo. Magari sarebbe stato ancor più trionfale. Per non dire poi di tutte quelle voci che negli anni seguenti hanno dato la band inglese sul punto di ricompattarsi per nuove canzoni, nuovi dischi e nuovi tour. Oggi sappiamo che non è così.

Se da un lato è apprezzabile il basso profilo (molto british) di chi non vuole mettere in evidenza i propri sentimenti, dall'altro appare impossibile non andare con la mente a tutte quelle dichiarazioni che negli ultimi due anni hanno inutilmente alimentato aspettative destinate sul nascere a essere frustrate.

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