Corona condannato: e il fotografo dei vip festeggia per sbaglio

Fabrizio l’impulsivo sente la parola «assolto» e prende a pugni il tavolo. La sente una seconda volta, ed esce dall’aula gonfio nel suo impeccabile completo grigio, schizza nel corridoio del tribunale pronto preparandosi al trionfo in favore di telecamera e aspetta. Però il terzo «assolto» non lo sente. E non lo sente perché i giudici non lo pronunciano. Invece è «condannato», quello che dice la corte d’Appello. Fabrizio Corona, il (fu) re dei paparazzi, è stato sì prosciolto dall’accusa di tentata estorsione al motociclista Marco Melandri e di estorsione al calciatore Francesco Coco, ma ancora condannato a un anno e 5 mesi di reclusione per un altro foto-ricatto a Coco, e per quello ad Adriano, l’ex calciatore dell’Inter ora in forza alla Roma, immortalato in compagnia di due ragazze davanti a un mucchietto di polvere bianca tanto simile alla cocaina.
Retromarcia. Sempre impeccabile nel completo grigio, ma un po’ meno gonfio. Anzi, per usare le sue parole, «incazzato». «Ho esultato un pò troppo presto - dice alla selva di giornalisti, e in un’orgia di flash -. Non avevo capito bene perché ancora non so come funzionano i processo». Quindi «no, non sono contento». E sì che il rituale si era ripetuto anche stavolta. L’arrivo a palazzo di Giustizia a mo’ di star, un paio di figuranti che gli si avvicinano per stringerli la mano («grande», gli dice uno nel corridoio del terzo piano del tribunale), tre ragazze che gli chiedono una foto ricordo con il telefonino (e Corona si presta senza un lamento), l’ingresso nell’aula, la stretta di mano con il magistrato dell’accusa (che aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado, 3 anni e 8 mesi), il cappotto passato a una coppia di replicanti seduti in ultima fila e come lui vestiti di tutto punto, e infine l’attesa.
Dura un’ora, la camera di consiglio dei giudici della terza corte d’Appello. Poi, l’assoluzione per i casi di Melandri e Coco, e la condanna per la tentata estorsione ai danni di Adriano. Per ritirare dal mercato quelle foto, infatti, Corona aveva chiesto all’Inter una cifra compresa tra i 30 e i 40mila euro. Denaro mai versato dalla società di via Durini ma che - secono il tribunale - rappresentano un caso di tentata estorsione. Fabrizio, ovviamente, non ci sta. «Il caso di Adriano è scandaloso - sbotta -, non sta né in cielo, né in terra. Tutto quello che è stato dichiarato è falso e lo avevamo dimostrato». E fa niente se, a conti fatti, la sentenza di ieri è quasi tutta a suo favore. «Certo, tutti mi dicono essere contento, ma non sono contento per un cazzo. Alla giustizia non ci credo. Bisogna combattere per la propria innocenza ed è solo a quello che bisogna credere». Ancora, «è una presa per il culo. Questa sentenza dimostra che Corona non si può assolvere in appello, ma solo in Cassazione». Più lucido il suo legale, l’avvocato Giuseppe Lucibello. «La corte ha avuto accortezza - dice -.

Un processo così televisivo non era facile, contavo su questo equilibrio da parte della corte». E comunque, «la pena è stata ridotta, vediamo se questo residuo riusciamo a risolverlo in Cassazione. Però onestamente sono soddisfatto».

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