LA CORPORAZIONE ANTI RIFORME

Il Corriere della Sera, con i suoi editorialisti, difende il bipolarismo dopo l'intervista di Mario Monti a La Stampa del 21 agosto. Ma tutti più o meno criticano «questo bipolarismo». Tra i diversi interventi, spiccano quelli di Giovanni Sartori e di Michele Salvati.
Sartori distingue tra il «centro» degli elettori e il «centro» dei piccoli partiti. Il primo sarebbe utile perché, essendo composto da elettori che spostano i loro voti, garantiscono l'alternanza e rafforzano il bipolarismo. Il secondo, invece, sarebbe «disfunzionale», perché la tendenza è verso la semplificazione destra/sinistra. Per correggere il bipolarismo italiano, Sartori ripropone il maggioritario integrale (senza quota proporzionale) ma a due turni, perché il secondo turno obbliga al concentramento bipolare.
A parte il fatto che questo «centro che si sposta» è limitato sul piano numerico, anche se influente, difficilmente il sistema elettorale maggioritario a due turni modificherebbe il sistema politico italiano:
- anzitutto non eliminerebbe il pluripartitismo alla partenza. Infatti, al primo turno si possono presentare, in un singolo collegio, tutti i partiti che vogliono;
- in secondo luogo non eliminerebbe il pluripartitismo all'arrivo. Ciò accadrebbe solo se nel 90% dei collegi arrivassero ai primi due posti i candidati degli stessi due partiti maggiori nazionali (in Italia, Ds e Fi) e la legge prevedesse il ballottaggio solo tra i primi due arrivati. Con l'andare del tempo, forse, questo bipartitismo forzoso si imporrebbe. Nella realtà italiana questo scenario è poco probabile perché in numerosi collegi, forse il 40%, partiti come l'Udc, la Margherita, An, la Lega e Rifondazione conquisterebbero il primo o il secondo o il terzo posto al primo turno e al ballottaggio avrebbero buone possibilità di vincere se i loro alleati maggiori, scalzati dai primi posti, votassero a loro favore. Avremmo un Parlamento eletto più o meno frastagliato in partiti come l'attuale;
- la differenza sarebbe che mentre oggi le alleanze vengono fatte prima del voto (che è a turno unico), nel secondo caso verrebbero fatte tra il primo e il secondo turno, collegio per collegio. Ipotesi comunque abbastanza irrealistica poiché prevarrebbero le direttive centrali prese in anticipo.
La ragione la fornisce Salvati, il quale parla di «centro corporativo» e osserva che «gli ostacoli al progetto riformista liberale (quello auspicato da Monti, ndr) non sono certo venuti da forze estremistiche. La realtà è che posizioni antiriformistiche e antiliberali sono ampiamente rappresentate nelle componenti più centriste e più moderate dei due schieramenti». In sostanza, «le difficoltà che incontra il Progetto Monti stanno nella società più che nella politica. In una società corporativa per storia antica». È questo corporativismo che tiene bloccato il sistema italiano.
Allora, a parte l’articolo di Salvati, c’è da chiedersi a cosa serva questa linea del Piave sul bipolarismo tracciata da via Solferino. Essa serve, forse, a nascondere la vera riforma: quella istituzionale.

Dare al Paese una Costituzione che separi con precisione i poteri tra i diversi organi costituzionali così da evidenziare le responsabilità delle scelte, spezzando le resistenze corporative e togliendo lo spazio al consociativismo. Avremmo così un sistema chiaro per gli elettori, ma questo forse è proprio quello che non vogliono i difensori dello status quo.

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