Dopo il corteo anti Usa la Cdl aspetta Prodi al varco. "Non ha più maggioranza"

Il Polo è convinto che il premier non abbia più i numeri. Matteoli (An): "Governo minoritario sulla politica estera". Calderoli (Lega): "Nodi al pettine mercoledi". Cesa (Udc): "Problemi gravi"

Dopo il corteo anti Usa la Cdl aspetta 
Prodi al varco. "Non ha più maggioranza"

Roma - Dalla base di Vicenza a Palazzo Madama. La relazione di Massimo D’Alema sulla politica estera, prevista per mercoledì mattina in Senato, non potrà non tenere conto della manifestazione contro la base americana vissuta dalla parte di maggioranza che ha partecipato al corteo come una sconfitta della politica del governo. Lo sostengono i leader dell’opposizione che affilano le armi per una seduta che considerano a rischio tenuta Prodi. «Dopo quello che è successo sabato, Prodi non può far finta di nulla, sostenendo che la linea politica dell’Unione su Vicenza non cambia, visto che è stata contestata pubblicamente da alcune sue componenti politiche» è l’analisi di Renato Schifani, presidente dei senatori di Fi. Che si dice convinto che mercoledì «il governo dovrà inevitabilmente chiedere alla sua maggioranza in Senato una conferma parlamentare di questa scelta».
Della stessa opinione Altero Matteoli: «Vedremo se D’Alema - ribadisce il presidente dei senatori di An - glisserà su Vicenza come gli chiede Giordano o se invece terrà il punto non incrinando la credibilità internazionale dell’Italia. Se verranno mantenuti gli impegni sull’ampliamento della base, in discordanza con quanto chiesto a Vicenza, Prodi rischia di trovarsi senza maggioranza». Ma in ogni caso «il governo non ha più una maggioranza in politica estera» conclude Matteoli. Della stessa opinione Paolo Bonaiuti che è convinto che quella di ieri è stata proprio la prova che «l’Italia non ha una politica estera». Per il portavoce del presidente Berlusconi si è trattato di «una sceneggiata» che ha fatto fare all’Italia una figuraccia in Occidente, dove «nessun governo manifesta contro il governo».
E c’è chi, come Roberto Calderoli, pensa di presentare come è già successo due settimane fa una mozione che, «sentite le dichiarazioni del Governo, le approva», nella speranza di ripetere la débâcle del passato quando la maggioranza, pur di non votare con l’opposizione, votò contro se stessa. Secondo l’esponente leghista «mercoledì i nodi arriveranno al pettine e D’Alema non potrà esimersi dal parlare di Afghanistan e della base americana di Vicenza e quindi della continuità della linea della politica estera del governo». Ma questo riaprirà le contraddizioni interne all’Unione: «Se D’Alema sarà coerente e ne parlerà, allora i partiti - ribadisce il leader leghista - e i parlamentari della sinistra presenti a Vicenza ieri non potranno che votare contro questa continuità. Se invece per amore delle cadreghe D’Alema eviterà questi argomenti allora vuol dire che al governo comandano Casarini e Scalzone». Insomma, come dice Sandro Bondi, ci troviamo ormai «in un Paese sottosopra, un Paese capovolto». Per il coordinatore nazionale di Fi dal corteo esce vittorioso «soltanto Bertinotti che ormai prevale nel confronto con i riformisti tiepidi», mentre Fabrizio Cicchito, vicecoordinatore nazionale, sostiene che adesso emergerà se la manifestazione è stata soltanto una sceneggiata che non cambia le originarie decisioni del governo: «Se invece - spiega - si andrà a una revisione delle decisioni del governo, come hanno chiesto i tre leader dei tre partiti della sinistra radicale, non potrà che esserci una seria crisi politica». Rimanda la verifica delle proprie affermazioni al 21 febbraio anche Lorenzo Cesa che si augura che Prodi dia un seguito ai propri impegni internazionali: «Se il governo non dovesse raggiungere la maggioranza sull’Afghanistan dovrebbe trarne le conseguenze. Arrampicarsi sugli specchi - conclude il segretario dell’Udc - per nascondere i problemi non si risolve nulla, ma li si aggrava».

Parla invece di «possibile nuova fase politica» Maurizio Ronconi, senatore dell’Udc, «se ci sarà continuità in politica estera». Questo, secondo Ronconi, potrebbe garantire al governo Prodi «un interessato supporto dell’opposizione».

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