La Regina Rossa è un'unità speciale della polizia spagnola capace di intervenire per catturare criminali speciali, personaggi che hanno un modus operandi singolare. A coordinare le sue azioni investigative è il misterioso Mentor e dell'organico fa parte Antonia Scott, una donna che vive sconvolta dal dolore. Non ha mai impugnato una pistola in vita sua ma ha un'intelligenza speciale e una capacità unica di appassionarsi agli inesplicabili koan della tradizione buddista. Solo lei decifra quegli aneddoti che mostrano i luoghi dove si nasconde la verità. E solo lei può dare la caccia a imprendibili assassini seriali. A creare questo speciale personaggio protagonista fino a oggi di tre thriller densi di adrenalina e ritmo intitolati Regina rossa, Lupa nera e Re Bianco, tutti editi in Italia da Fazi - che a febbraio pubblicherà un altro titolo, Il paziente, che è il prequel della trilogia - è stato il bestsellerista Juan Gómez-Jurado. Dopo aver iniziato la sua carriera con storie che gli hanno permesso di girare il mondo, da qualche tempo lo scrittore spagnolo ha pensato bene che il suo Paese d'origine potesse essere perfetto per ambientarvi certe storie. Da sempre l'osservazione del territorio è stata fondamentale per lui per scrivere storie credibili e lo ha portato a girare per il mondo: «Dico sempre che visitare i Paesi destinati a fare da sfondo all'azione dei personaggi dei miei romanzi fa parte del mio impegno nei confronti del lettore. È un modo per assimilare i particolari dei luoghi, i colori, le forme, gli odori, persino il modo di parlare degli autoctoni. Insisto anche sul fatto che così riesco a condensare meglio tutti i dettagli dell'azione, per cui il lettore dovrà semplicemente concentrarsi sugli aspetti di intrattenimento senza doversi sobbarcare lunghe e talvolta noiose descrizioni. Tutto questo è verissimo, sì... ma è anche una sfacciata menzogna. Infatti è un pretesto fantastico per saltare su un aereo, imbarcarmi su una nave o cavalcare un cammello e vivere le avventure che ho sognato sin da piccolo».
Nonostante la sua passione per l'avventura, non è stato facile arrivare una trilogia come quella dedicata ad Antonia Scott, che sarà presto una serie tv prodotta da Amazon...
«Mi ci sono voluti tre anni per scrivere Regina rossa e credo che la difficoltà derivasse soprattutto dalla complessità di un personaggio come Antonia. Ha sofferto molto perché ha sbagliato in passato e ha deciso che non vuole commettere errori che potrebbero costare di nuovo la vita».
Accanto a lei ha costruito il personaggio non meno complesso di Jon Gutiérrez, quarantatré anni, omosessuale, ispettore di polizia a Bilbao...
«Quando Jon incontra Antonia e le chiede di aiutarlo, la costringe ad entrare in azione ma la obbliga anche a pagare le conseguenze del suo gesto. È stato questo secondo personaggio che mi ha aiutato a capire Antonia, forse perché mi somiglia di più. È un ragazzo più semplice».
Cosa rende unici i suoi personaggi?
«Leggete i miei romanzi e lo saprete».
Che rapporto hanno con la vita e le emozioni?
«Penso che la chiave di tutti i miei libri sia che, in fondo, sono sempre storie d'amore, che non devono essere romantiche, ma incredibilmente profonde; storie tra due persone che diventano una famiglia, ma non devono andare a letto, qualcosa di irrilevante per la storia propriamente narrativa. Questa è la base del rapporto tra Antonia e Jon».
È facile gestire la suspense in un romanzo?
«Scrivere un thriller canonico secondo le regole del genere sarebbe per me facile perché l'ho già fatto diverse volte. Ma poi pensi: come posso io, rispettando le regole del genere, introdurre nella narrazione qualcosa di nuovo, di valore letterario? Questo è lo sforzo che volevo fare a partire da Regina rossa, utilizzando diversi modi di affrontare le storie, ma senza infrangere le regole. Stai giocando sull'orlo di un precipizio. È molto divertente, ma corri dei rischi. Quando ho scritto Regina rossa pensavo non mi sarebbe piaciuto, eppure quel modo di raccontare le cose, che non infrange, anzi forza le regole del genere, ha convinto i lettori».
Come pensa sia maturata la scuola spagnola negli ultimi anni, sia in televisione che nel cinema e nella letteratura?
«Abbiamo imparato molto negli ultimi anni. Il riconoscimento internazionale c'è. Non ho bisogno di inventare niente».
Perché scrive questo tipo di storie?
«Immagino perché ho qualcosa da raccontare e il modo in cui viene fuori ne costituisce il filo conduttore».
Quali sono gli autori che l'hanno influenzata di più?
«Stephen King, J.R.R. Tolkien e Arturo Pérez-Reverte. Grazie a loro sono diventato uno scrittore».
Quanto pensa di essere cambiato come autore da quando parlava di misteri in Vaticano?
«Uff! Molto. Penso infatti che il mio modo di scrivere non abbia più molto a che fare con le avventure di padre Fowler, protagonista fra gli altri de La spia di Dio (Longanesi), anche se è un personaggio che amo e gli devo tutto quello che è venuto dopo».
Lei scrive anche storie per l'infanzia.
«Dico sempre che per scrivere storie per bambini devi avere
qualcosa di un bambino e, ogni volta che mi imbarco in questo tipo di progetto per i più piccoli, sono così coinvolto nel mio io bambino che l'esperienza di scrittura è molto gratificante. Per me non c'è niente di meglio».
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