Così non vale: un sogno non si divide per 70

La ripartizione della ricchezza in parti uguali è solamente un inganno, perché la felicità non è mai democratica. Paradossalmente i vincitori sono da commiserare, non da invidiare. Anche se poi 2 milioni fanno comodo a tutti...

Così non vale: un sogno non si divide per 70

I nostri sospetti erano fondati. E sabato sera, poco prima delle 21 è arrivata la conferma ufficiale di ciò che tutti sappiamo ma non osiamo dire: la felicità non è democratica. Nel senso che quando devi dividerla per un numero superiore a 1 (beh, facciamo a 2...) ha tutta un’altra faccia: invece dell’affascinante dea bendata sembra quasi un’acida megera.

Certo, si dirà: 177,7 milioni di euro diviso 70 fa pur sempre 2,538571 etc milioni di euro. Però, se l’appetito vien mangiando, la fame si alimenta sognando. E provate a dividere un sogno per 70, invece che per 1 o per 2: diventa un incubo... Inoltre, i sogni non possono avere un nome così prosaico e freddo come «Sistema della Bacheca Sisal raggiungibile dalle normali ricevitorie ma anche tramite il Superenalotto on line». Il sogno è poesia, fantasia, è tutto e subito.
Non sappiamo che farcene, della democrazia telematica che ha permesso a 70 picconatori sparpagliati per l’Italia di abbattere il muro pazientemente eretto dal Fato a partire dal 9 febbraio scorso. E se ne incontrassimo uno non gli faremmo il piacere di provare invidia per lui.

Al contrario, dovremmo commiserarlo dicendogli «pensa che cosa ti sei perso». Sarebbe la rivisitazione di un classico, la favola della volpe e dell’uva. Ma vuoi mettere la soddisfazione di vedere la sua faccia?
E poi, diciamola tutta: la condivisione, l’unanimismo, la ripartizione della ricchezza in parti uguali sono concetti astratti nascosti sotto la maschera della prassi. Discorsi vetero-marxisti o neo-liberisti che ci fanno un baffo, a noi cani sciolti. Discorsi da Codacons. Sentite qua: «Non possiamo che esprimere soddisfazione per la ripartizione di un premio assurdo ed esagerato tra tanti vincitori. Ma da oggi bisogna porre un tetto al Jackpot e porsi seriamente il problema legato ai livelli abnormi cui esso può arrivare a causa della scarsissima probabilità di estrazione del 6».

A parlare così è Carlo Rienzi, presidente del «Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori» (ecco un altro nome troppo lungo per suscitare simpatia), ma robe simili potrebbe dirle la buonanima di Keynes. Lui con la sua smania dell’intervento pubblico in economia... Che cosa vogliamo fare, parcellizzare i castelli in aria, nazionalizzare le illusioni?
Pensate, fra l’altro, che il sistema ladro di sogni, qualche buontempone ha deciso di chiamarlo «La mamma». Che vergogna, mischiare il sacro con il profano, l’affetto più profondo con il vil denaro. Sapete che cosa vi diciamo, cari vincitori virtuali che ora siete rintanati a Sperlonga o dove vi pare? Vi diciamo che ve lo siete meritato, quel bunga bunga che si chiama «4-26-40-54-55-67 diviso per 70», quel boomerang che vi è tornato in quel posto sotto forma di 2,538571 etc milioni di euro.

E vi ricordiamo le parole del vecchio, saggio, Flaubert: «Poiché si credevano felici, in effetti lo erano, dato che la felicità

dipende soltanto dall’idea che ce ne formiamo». La nostra idea di felicità è molto più bella della vostra, molto più alta e completa. Proprio per questo non la raggiungeremo mai. Altrimenti, come potremmo continuare a sognare?

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