Così Pio XII tentò di salvare chi arrestò il Duce

Ecco la lettera con l'intervento di Papa Pacelli. Ma i tre carabinieri morirono alle Ardeatine

Così Pio XII tentò di salvare chi arrestò il Duce

Pio XII intervenne nel tentativo di salvare i tre carabinieri che il 25 luglio 1943 arrestarono Benito Mussolini infilandolo dentro un’ambulanza. Un’episodio inedito, documentato ora dalle carte dell’archivio privato di Elena Hoehn, una donna tedesca sposa di un imprenditore italiano, nella cui abitazione il colonnello Giovanni Frignani, il maggiore Ugo de Carolis e il capitano Raffaele Aversa si erano rifugiati dopo l’arrivo delle truppe hitleriane a Roma.

L’intervento del Pontefice non avrebbe però sortito alcun effetto perché i tre ufficiali, dopo l’attentato di via Rasella, sarebbero stati assassinati nella disumana rappresaglia della Fosse Ardeatine. A scoprire il documento è stato il professor Matteo Luigi Napolitano, docente di Storia delle relazioni internazionali all’università Gugliemo Marconi di Roma (vaticanfiles.splinder.com).

È il 22 febbraio 1944 quando Elena Hoehn scrive una missiva a Papa Pacelli, parlandogli della «sventurata sorte» dei tre. La donna implora il Papa di intervenire presso il Feldmaresciallo Kesselring. I nomi degli ufficiali coinvolti nell’arresto del Duce, poi liberato a metà settembre dalla sua prigione a Campo Imperatore, erano finiti nella lista nera della Gestapo. La caccia è spietata. Frignani, De Carolis e Aversa, a Roma, si danno alla macchia e collaborano alla lotta di liberazione nel Fronte Clandestino di Resistenza dei carabinieri, in contatto con la Resistenza romana. È Frignani a essere ospitato in casa della signora Hoehn, in un’ala segreta della loro abitazione nella capitale. L’ufficiale ha con sé documenti importanti, tra i quali le copie del diario di Claretta Petacci che erano state inizialmente sotterrate nel giardino del Comando dei carabinieri ai Parioli. Nonostante sia ricercato dalla Gestapo, Frignani incontra i vecchi collaboratori nell’appartamento romano e paga cara l’imprudenza: il 23 gennaio 1944 viene arrestato insieme a De Carolis e ad Aversa, i documenti - compreso il diario della Petacci - sono sequestrati. Sfugge alla cattura solo il marito di Elena Hoen, assente in quel momento. La donna viene rilasciata il giorno dopo, mentre i tre carabinieri sono rinchiusi e torturati nella tristemente nota prigione di via Tasso. Elena, in contatto con il salvatoriano padre Pancrazio Pfeiffer, una sorta di Schindler cattolico, si rivolge dunque a Pio XII. E il 7 marzo 1944 riceve la risposta da parte del Sostituto della Segreteria di Stato, Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI. Nel documento (protocollo n. 75619/S) si legge: «Per venerata disposizione di Sua Santità, ripetuti passi sono stati fatti nel senso da Lei desiderato e non si mancherà di seguire la pratica, per quanto è possibile nelle presenti difficili circostanze». Montini conclude con l’auspicio che i passi vaticani possano ottenere l’effetto sperato.

Padre Pfaiffer si sarebbe più volte informato sulla sorte del colonnello Frignani, riuscendo anche con uno stratagemma a favorire le comunicazioni tra il prigioniero e la moglie, grazie a dischetti di carta incollati sul fondo di un thermos. Ma nel momento in cui sembrava che il passo del Papa avesse ottenuto l’effetto sperato, il 23 marzo arriva la notizia dell’attentato di via Rasella.

Per ordine di Berlino le SS decidono di uccidere dieci prigionieri italiani per ciascuno dei 32 tedeschi morti nell’attentato partigiano. Anche i carabinieri che avevano arrestato Mussolini sono tra le vittime trucidate il 24 marzo 1944.

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