Così gli Usa hanno esportato il romanzo del futuro in Italia

Il dipartimento di Stato inviò il guru Bruce Sterling a illustrare la nuova fantascienza. Che oggi è attualità

Così gli Usa hanno esportato il romanzo del futuro in Italia

All'inizio degli anni Ottanta, il personal computer, spesso per i ragazzi un Commodore 64, era utilizzato come archivio rudimentale, macchina per scrivere rudimentale, console rudimentale per videogiochi. I programmi si caricavano con nastri magnetici («press play on tape») e non sempre funzionavano. Un ragazzino poteva intuire che quella tastiera dotata di memoria nascondeva segreti e prospettive meravigliose, ma quali?

Dall'altra parte dell'oceano, negli Stati Uniti e in Canada, una nuova generazione di scrittori appassionati di fantascienza si poneva le stesse domande e immaginava le risposte. William Gibson, nato a Vancouver, rifletteva sul ruolo e sul pericolo delle intelligenze artificiali. Il campo da gioco non era più il mondo concreto. Era il cyberspazio, neologismo di Gibson. Un'esperienza nel cyberspazio era molto diversa dall'interagire con lo schermo di un computer o con una simulazione virtuale della realtà. Era (è) una esperienza, guidata dalle macchine, che si svolge all'interno del cervello umano. Ha i suoi pro (esplorare l'intero universo digitale) e i suoi contro (se qualcosa va storto, il cervello frigge come un uovo). L'hacker, l'informatico capace di viaggiare nel cyberspazio, è il nuovo protagonista, non troppo diverso, per alcuni aspetti, dall'investigatore Marlowe di Raymond Chandler. Tra le altre cose, Gibson vedeva agglomerati urbani giganteschi (lo sprawl, da Boston ad Atlanta), uno Stato centrale quasi inesistente e soppiantato in tutte le funzioni da enormi corporations. Questi sono gli ingredienti del romanzo più famoso di Gibson, Neuromante, un successo mondiale datato 1984. Il capolavoro diventa una forza aggregante e presto abbiamo una vera e propria corrente letteraria, con un fuoriclasse, William Gibson, un teorico, Bruce Sterling, una coscienza autocritica, Lewis Shiner, e vari battitori liberi, come John Shirley o Rudy Rucker. Questi nomi vanno a comporre la antologia-manifesto Mirrorshades, curata da Bruce Sterling. Quest'ultimo è anche romanziere in proprio, e il suo libro più riuscito, La matrice spezzata, è addirittura anteriore a Neuromante. È più canonico ma altrettanto profondo e anticipatore: infatti, dietro la trama avventurosa di stazione spaziale in stazione spaziale, è una riflessione profonda su temi che avremmo poi chiamato post-umani. Il destino della nostra specie è diventare tutt'uno con le macchine? Quando l'integrazione sarà completa, saremo ancora umani? Le possibilità tecnologiche ci consentiranno di vivere in eterno o quasi?

Il cyberpunk ebbe subito discepoli agguerriti. Ad esempio, Neal Stephenson, l'autore di Snow Crash, un altro bestseller clamoroso. Il mondo inventato da Stephenson è il paradiso degli anarco-capitalisti. Lo Stato è svanito, tutto è proprietà privata, dalle strade all'esercito, nelle mani di compagnie più o meno grandi e agguerrite. Le città sono in franchising, la mafia è diventata una rispettabile azienda, le informazioni sono così capillari da aver trasformato la Biblioteca del Congresso in un mega-archivio aggiornato al punto da rendere obsolete strutture come i servizi segreti. Le notizie ci sono tutte e sono sempre a disposizione. Il più bravo è chi sa interrogare la Biblioteca. Esiste una ampia letteratura libertaria sulle città private (anche in Italia: Guglielmo Piombini ne scriveva già nel 1996) che è l'ovvio retroterra di Stephenson: Snow Crash salta la teoria e mette in scena un'ipotesi di pratica. I personaggi chiave di questa società sono, tenetevi forte, i rider, gli addetti alle consegne, preziosi per battere la concorrenza sul tempo. C'è un metaverso, una sorta di universo parallelo informatico che si intreccia alla realtà. In Snow Crash, protagonista è la parola, strumento di controllo dalla diffusione virale, con tanti ringraziamenti di Stephenson, per questa parte fondamentale dell'intreccio, a William Burroughs.

Questi quattro libri (Neuromante, Snow Crash, La matrice spezzata e Mirrorshades) compongono la splendida «antologia assoluta» Cyberpunk (Mondadori, pagg. 1352, euro 35; introduzione di Bruce Sterling; postfazione di Francesco Guglieri). Il «genere» è fantascienza, ma solo per convenzione, nel caso di Gibson giustamente infranta, infatti i suoi libri escono negli Oscar, accanto a Hemingway, e l'accostamento non è per nulla blasfemo. In realtà la fantascienza di questi libri altro non è che il nostro presente. Tutte le partite giocate dai cyberpunk sono ancora aperte, per questo l'antologia assoluta è azzeccata e la rilettura suggerisce che l'importanza di William Gibson e soci sia addirittura cresciuta rispetto al passato.

C'è un'ultima cosa da segnalare. Nella introduzione, Sterling racconta un aneddoto davvero particolare. Quando il cyberpunk era sulla via del successo, Sterling fu convocato dal Dipartimento di Stato americano. Gli venne chiesto di andare in tournée in Italia per diffondere le idee del movimento, che sembravano aver fatto breccia nella penisola. Sterling rimase di stucco, la cosa non lo convinceva, come poteva essere un ribelle se accettava un incarico simile dalle istituzioni? Alla fine accettò e partì a spese del contribuente statunitense. Incontrò subito il gruppo di (veri) punk milanesi che creò la Shake edizioni. Erano anarchici cibernetici, hacker ante litteram, e non amavano la fantascienza... Non avevano letto Neuromante. In compenso si comportavano esattamente come i personaggi di quel libro. Non erano scrittori o non erano scrittori e basta: cercavano di immaginare una cultura anarchica aperta a tutte le novità.

Così un «agente ufficiale dell'imperialismo americano», come si descrive ironicamente (ma non troppo) Sterling, trovava una controparte naturale nella Milano dove la fibra ha raggiunto soltanto da poco i quartieri centrali. La propaganda di altissimo livello, che si risolveva poi nel finanziare le avanguardie, era abituale per gli Stati Uniti. Il prestigio culturale era un'arma da contrapporre al grigiore proveniente dall'Unione Sovietica durante la Guerra fredda. Per questo, furono «spinti» gli artisti dell'espressionismo astratto o le riviste come la Paris Review (che aveva rapporti diretti con la Cia). Spesso gli artisti neppure ne erano consapevoli, e manifestavano idee di sinistra. I documenti non lasciano spazio ai dubbi: Jackson Pollock e Mark Rothko furono l'antidoto della Cia al realismo sovietico. Comunque gli agenti americani aprirono decine di periodici e favorirono l'ascesa di scrittori, scultori, musicisti, compositori, compagnie teatrali. La Cia organizzò lunghe tournée europee di Louis Armstrong e altri cantanti neri al fine di correggere l'immagine del conflitto razziale in Alabama e nel Sud.

Difficile capire cosa si proponesse il Dipartimento di Stato con il viaggio di Sterling.

Resta il fatto che l'universo cyberpunk è intrinsecamente libertario e anarco-capitalista e sfoggia, nella parte dei cattivi, le corporations monopolistiche e un crony capitalism (capitalismo di relazione) così esasperato da far coincidere potere economico e potere politico. Se tutto questo poi vi ricorda qualcosa, non è un caso...

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