Cossiga: la politica dell’Italia è anti israeliana

Il senatore a vita. «Andrò nello Stato ebraico per manifestare la mia personale solidarietà»

Diana Alfieri

Presidente Cossiga, risponde al vero che lei nei prossimi giorni si recherà in Israele?
«Sì. Ho chiesto al governo israeliano se mi potessi recare in Israele a titolo personale e privato e il governo israeliano ha acconsentito. Io rappresento soltanto me stesso e spiritualmente, almeno lo spero, quegli italiani che la pensano come me. Non ho alcun mandato dal governo del mio Paese. E poi, esso è rappresentato ad abundantiam dal nostro ministro degli Esteri, l’amico Massimo D'Alema che gira come una trottola, e che alla nostra politica estera ha oramai impresso un energico tono “crispino” da Grande Potenza, tanto che ho deciso di chiamarlo il “Piccolo Crispi”, affettuosamente s’intende. L’amicizia è una cosa diversa dalla politica, grazie a Dio. (ma, a proposito un senatore “Grazie a Dio” può ancora dirlo, o oggi, data la nostra politica estera, deve dire per forza “grazie ad Allah”?)».
E allora perché va in Israele?
«Per testimoniare in un momento difficile, e forse tra poco tragico (non nascondiamoci che gli Hezbollah non hanno in pratica accettato la tregua, che per dichiarazione del premier Siniora le loro milizie sono parte dell’apparato difensivo del governo di Beirut, e che l’Iran ha bollato negativamente la risoluzione del Consiglio di sicurezza), alla comunità israeliana e alla Stato d’Israele, e a tutto il popolo ebreo, in Israele e nella diaspora, la mia solidarietà di democratico, di antifascista occidentale e di cristiano».
Perché di democratico?
«Perché non posso e non voglio dimenticare che il sacrificio degli ebrei europei ha costituito un enorme contributo alla causa della libertà, perché l’insurrezione del ghetto di Varsavia è uno degli episodi più gloriosi dell’epopea della Resistenza europea contro la repressone nazista. Perché la Shoah è un lascito morale prezioso, perché la democrazia senza i valori della libertà religiosa, dell’uguaglianza e della pietà non vive. Perché lo Stato d’Israele è l’unico Stato democratico del Medio Oriente».
Perché di antifascista «occidentale»?
«Di “antifascista occidentale”, e cioè liberal, perché si può essere anche “antifascisti progressivi”, e insieme antisraeliani e antisionisti, e cioè in pratica antiebrei, come lo erano i comunisti sovietici, lo sono stati la più parte dei comunisti italiani, come è la massima parte di chi milita nella sinistra italiana, Massimo D'Alema compreso, di cui apprezzo però con onestà di amico il coraggio di saper manifestare la sua amicizia con gli Hezbollah».
E perché anche come cristiano?
«Perché penso a Isabella di Castiglia, indegnamente chiamata “la Cattolica”, che da Toledo, con la cacciata degli ebrei effettuata con l’approvazione della Chiesa spagnola, ha avuto inizio il triste cammino della diaspora ebrea in Europa che si è concluso con lo sterminio di milioni di ebrei, ma anche di cristiani, di rom e di comunisti non antiebraici, ad Auschwitz; perché penso ai ghetti che sono stati inventati dai Papi; perché penso ai “pogrom” che hanno avuto la loro origine nella Polonia cattolica. Grandi sono le responsabilità di noi cattolici e cristiani. Perché solo con la Dichiarazione conciliare del Concilio Vaticano II si è cancellata la triste falsità storica, purtroppo avallata dalla liturgia tridentina, degli “ebrei deicidi”, ma ora giustamente e con coraggio “polacco” ribattezzati: “I nostri fratelli maggiori”».
Ma lei non è anche amico dei palestinesi?
«Certamente, per il movimento palestinese e per il futuro Stato palestinese, da ministro dell’Interno, anche violando la legge, da presidente del Consiglio - che fece approvare dal Consiglio europeo di Venezia del 1980 la prima risoluzione a favore di uno Stato palestinese -, e da presidente della Repubblica (ero amico d’Arafat che fu anche più volte mio ospite), ho fatto molto di più che non certi “filopalestinesi d’accatto” della nostra sinistra.

Certo, non vedo con favore il regime totalitario islamico dell’Iran, la dittatura della Siria, il servile governo filosiriano di Beirut, i terroristi di Hamas e gli integralisti sciiti di Hezbollah, anche se per la salvezza di Israele e per la costituzione dello Stato palestinese, credo che occorrerà trattare spregiudicatamente anche con loro. Ma vedo crescere con dolore e orrore, purtroppo anche nelle file cattoliche, vescovi (penso al Patriarca latino di Gerusalemme) e cardinali compresi, l’antiebraismo, magari camuffato da antisraelismo».

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