Roma - La recessione mondiale innescata dalla crisi finanziaria "si è ripercossa con straordinaria violenza sull’economia italiana" cui "è costata 6,5 punti percentuali di crescita del pil" nel triennio 2008-2010. Il calcolo è contenuto in un Occasional Paper della Banca d’Italia secondo cui, "in particolare, i fattori di crisi avrebbero gravato per quasi 10 punti percentuali prevalentemente nel 2009", mentre "le politiche economiche e gli stabilizzatori automatici ne avrebbero mitigato l’impatto per circa 3,5 punti percentuali". Secondo lo studio, "la maggior parte degli effetti della crisi sarebbe attribuibile all’evoluzione del contesto internazionale". Un ruolo "meno rilevante, sia pure non trascurabile, avrebbero" invece "avuto il peggioramento delle condizioni di finanziamento delle imprese e la crisi da sfiducia che si è accompagnata alla recessione".
Gli aiuti alla Grecia Sarà la Germania a sborsare il maggiore importo per il piano di aiuti da 30 miliardi a favore della Grecia. Le somme sono calcolate in base alla percentuale detenuta da ciascun paese nella Bce. Il contributo dell’Italia sarà pari a 5,4 miliardi di euro, che è terza in graduatoria dopo Germania e Francia rispettivamente con 8,4 e 6 miliardi. Al quarto posto la Spagna (3,67 mld) seguita dall’Olanda (1,8 mld) e dal Portogallo (775 milioni di euro). Con importi progressivamente minori tutti gli altri membri dell’Eurozona. Il piano di prestiti è stato approvato ieri all’unanimità dai ministri finanziari dei 16 Paesi.
Gli effetti della crisi sull'Italia Gli strascichi della crisi sembrano destinati a farsi sentire ancora a lungo. Il terremoto infatti, affermano i tre ricercatori autori del documento, "sembra aver inciso in misura non trascurabile anche sulle potenzialità di sviluppo della nostra economia. Si stima che il ritmo di crescita del prodotto potenziale si sia ridotto a circa lo 0,3 per cento, un valore inferiore di oltre mezzo punto percentuale" rispetto a quello che si sarebbe registrato normalmente. Ma l’impatto della crisi è stato "considerevole" anche per l’occupazione. In assenza di turbolenze, si legge nello studio, "le unità di lavoro sarebbero risultate più elevate per oltre 4 punti percentuali". E ciò nonostante la perdita di posti di lavoro sia "stata peraltro mitigata in misura non trascurabile dalle politiche economiche, che avrebbero limitato la caduta degli occupati effettivi per circa un punto percentuale. In assenza di crisi", affermano i ricercatori, "dopo una leggera flessione nel 2009 gli occupati avrebbero ripreso a crescere già nel 2010. Al termine dell’orizzonte di simulazione il tasso di disoccupazione sarebbe stato inferiore di oltre mezzo punto". E "correggendo il tasso di disoccupazione per tenere conto dei lavoratori in regime di cassa integrazione guadagni l’effetto sarebbe stato ancora più marcato (circa 1,5 punti)".
Gli effetti sull'inflazione La crisi ha invece contribuito a mantenere fredda l’inflazione. Al netto dello tsunami, infatti, "i prezzi al consumo sarebbero risultati più elevati per 1,5 punti percentuali cumulativamente, sospinti dalla più alta inflazione importata e dalla dinamica dei margini di profitto, solo parzialmente compensata dalla riduzione dei costi unitari del lavoro indotta dal forte recupero della produttività". Il saldo finale del terremoto che si è abbattuto sull’economia è davvero pesante: lo studio stima che il Pil, caduto dell’1,3% nel 2008 e del 5,1% nel 2009, aumenterà di poco meno dell’1% nel 2010.
Con la conseguenza che "alla fine di quest’anno esso sarà ancora al di sotto del livello raggiunto un quinquennio prima". Ma crisi o non crisi, conclude il documento, "la crescita dell’economia italiana sarebbe stata comunque modesta".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.