"Ingiustizia è fatta". Causò incidente mortale, niente carcere per lo straniero

Sfrecciando in auto a 130 km/h (con limite fissato a 50) un ventitreenne di origini indiane è stato ritenuto responsabile dell'incidente nel quale morì la ventiduenne Federica Canneti, ad Arezzo. Ma non farà nemmeno un giorno di carcere: è stato condannato a tre anni di lavori socialmente utili, una sentenza che non è piaciuta alla famiglia della vittima

L'incidente nel quale perse la vita la ventiduenne Federica Canneti
L'incidente nel quale perse la vita la ventiduenne Federica Canneti
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Era finito sul banco degli imputati per omicidio stradale aggravato dal reato di lesioni personali provocate a un’altra delle persone coinvolte nell’incidente. Era in sostanza stato accusato di aver causato il sinistro stradale nel quale lo scorso ottobre perse la vita la ventiduenne Federica Canneti, sfrecciando a più di 130 km/h su una strada con limite fissato a 50. E per quanto sia stato effettivamente ritenuto responsabile di quanto gli veniva contestato, non trascorrerà nemmeno un giorno in carcere: nelle scorse ore il tribunale di Arezzo lo ha infatti condannato a tre anni di lavori socialmente utili. Protagonista della vicenda in questione è un ragazzo di 23 anni di origini indiane, residente nella provincia aretina. L'imputato aveva richiesto il patteggiamento, procedimento che già prevede lo sconto di un terzo della pena. In aula, il giudice ha poi concesso attenuanti generiche, dovute alla giovane età. E la famiglia della vittima, una volta venuta a conoscenza del verdetto, non ha nascosto amarezza e delusione.

L'incidente e la morte di Federica Canneti

Tutto iniziò lo scorso ottobre, quando un incidente stradale particolarmente violento scosse la tranquillità della frazione aretina di Vitiano. Un impatto che coinvolse tre auto, causò il ferimento di otto persone e la dipartita della giovane Federica. E stando a quanto ricostruito nelle settimane successive, a propiziare lo scontro fu proprio la condotta di guida del giovane di origine straniera al volante di una Kia, il quale procedeva a velocità particolarmente sostenuta e decisamente al di sopra dei limiti. La famiglia Canneti ha accusato il ventitreenne di irresponsabilità: quel giorno, avrebbe a loro dire spinto sull'acceleratore per provare l'auto acquistata da poco, incurante degli amici che gli consigliavano di rallentare. E sempre nella loro visione, avrebbe poi mostrato in generale poco rispetto per la defunta, non comprendendo la gravità del suo gesto. Ecco perché i genitori e la sorella di Federica si sono detti profondamente delusi dell'esito del processo.

L'ira della famiglia della vittima: "Ingiustizia è fatta"

"Ingiustizia è fatta. Questo il titolo che io e la mia famiglia daremmo a quel che è avvenuto in tribunale, se dovessimo sintetizzare il tutto in tre parole - ha scritto Alessandra Canneti in un lungo post su Facebook - ci ritroviamo con una sentenza definitiva che prevede solo tre anni di lavori socialmente utili, il minimo sindacale. Quello che questa nazione prevede per omicidio stradale con il 100% di colpa e tutte le aggravanti del caso.

Ci sarebbe bastato anche un solo mese di carcere, per dare una scossa ai coetanei. E soprattutto una riflessione a lui, che una vita l’ha spezzata per sempre. Oggi cara “non giustizia” ci hai uccisi due volte”.

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