L'autopsia eseguita sui corpicini dei due neonati sepolti in giardino, nella villetta di Vignale di Traversetolo (Parma) da Chiara Petrolini, rivela che uno di loro, alla nascita, era vivo. Nonostante la totale "assenza di strutture molli o tessuto cartilaginei" da analizzare, gli esperti hanno potuto delineare un quadro in cui la causa del decesso del neonato "non sia da ascriversi ad una morte ante partum". Sarebbe morto in un secondo momento. Si tratta del primo dei due e questa è una delle prime ipotesi che fin dall'inizio sono state esplorate dal procuratore Alfonso D'Avino. La donna è accusata di duplice omicidio e soppressione di entrambi i cadaveri e dallo scorso 20 settembre si trova confinata agli arresti domiciliari.
Durante l'esame effettuato sulle salme dissepolte dal giardino domestico, è emerso la misurazione delle ossa è compatibile con un neonato di almeno 40 settimane, quindi per Petrolini si è trattato di un parto entro il termine fisiologico. Inoltre sono state individuate piccole gemme dentali embrionali con tanto di stria neonatale (visibile nei canini e negli incisivi di un bambino già nato). Tutti questi elementi concorrono a confermare l'ipotesi della morte in vita e della successiva morte, le cui cause devono ancora essere accertate. Petrolini ha raccontato agli inquirenti di averlo sepolto in giardino dopo "averlo scosso" e aver verificato che "non respirava".
Per Petrolini è stata disposta la custodia cautelare in carcere ma i suoi avvocati hanno presentato ricorso contro il Tribunale del riesame e quindi questa è sospesa fino al definitivo pronunciamento della Corte di Cassazione. Nel frattempo, la villetta di famiglia, dove si è consumato l'orrore, è stata dissequestrata e la donna si trova confinata in quell'abitazione con i suoi genitori. Nelle motivazioni del Tribunale del riesame per la custodia cautelare viene spiegato che questa si rende necessaria anche perché l'indagata è riuscita a non destare il minimo sospetto in chi viveva con lei, e nel suo fidanzato, per entrambe le gravidanze. Le sue condotte, in base alla relazione psichiatrica, "lasciano intravedere una condizione psicopatologica afferente ai disturbi della personalità che, per gravità, è fortemente suggestiva di un riverbero sull'imputabilità".
Il tentativo è quello di determinare una condizione di incapacità di intendere e di volere per la donna, ma per la procura ci sono dubbi, visto che in passato non ci sono state evidenze nemmeno di questo.
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