"Scavò la buca per la piccola Elena". Il procuratore Zuccaro su Martina Patti

Secondo il procuratore capo di Catania l'omicidio della piccola Elena Del Pozzo, di soli 5 anni, fu "minuziosamente elaborato". Il prossimo 12 giugno inizierà il processo davanti alla corte d'Assise

"Scavò la buca per la piccola Elena". Il procuratore Zuccaro su Martina Patti

A un anno esatto dal brutale delitto di Mascalucia, in provincia di Catania, Martina Patti dovrà presentarsi davanti ai giudici. Il prossimo 12 giugno è stata fissata la data della prima udienza del processo a suo carico. La 24enne, rea confessa dell’omicidio della figlia Elena Del Pozzo, una bimba che non aveva ancora compiuto 5 anni, è stata rinviata a giudizio. La donna, dopo alcuni tentativi di depistaggio, ha ammesso di aver ammazzato la piccola con un’arma da taglio e di averla seppellita in un campo nelle vicinanze della sua abitazione.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania Stefano Montoneri ha confermato la detenzione in carcere per Martina Patti perché “potrebbe uccidere ancora”. Quel pomeriggio del 13 giugno del 2022, la 24enne finse il sequestro della bambina all’uscita dall’asilo per poi crollare, dopo poche ore, durante l’interrogatorio dei carabinieri. La giovane madre ha confessato l’omicidio, ma non ha mai spiegato il movente che l’ha spinta a uccidere sua figlia.

Gli inquirenti, negli ultimi mesi, hanno seguito diverse piste per capire il motivo di un delitto così efferato. Martina Patti ha inferto diverse coltellate alla piccola Elena in un terreno abbandonato dove, poi, ha seppellito con pala e piccone il cadavere coperto da cinque sacchi di plastica nera. In un secondo momento ha inscenato un finto sequestro avvisando i nonni e il padre della bimba, Alessandro Del Pozzo.

Ai carabinieri la donna ha raccontato di alcuni messaggi minacciosi che nel 2021 l’ex convivente avrebbe trovato davanti al cancello di casa, in seguito a una rapina per la quale Del Pozzo era finito dietro le sbarre nel 2020. L’imputato era stato successivamente assolto per non avere commesso il fatto. La versione di Martina Patti però non ha retto a lungo e, alla fine, la 24enne ha ammesso di aver compiuto un gesto terribile.

Adesso ci sarà il processo. I nonni paterni e il padre della piccola vittima si sono costituti parte civile con l’avvocato Barbara Ronsivalle. L’imputata è assistita dal penalista Gabriele Celesti. La procura di Catania contesta a Martina Patti i reati di omicidio premeditato aggravato, occultamento di cadavere e simulazione di reato.

Le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Catania sono state coordinate dal procuratore capo Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Assunta Musella.

Procuratore Zuccaro, Martina Patti ha confessato l'omicidio della figlia ma non ha mai spiegato il movente. Dalle indagini cosa è emerso?

“Le indagini non hanno fatto emergere il movente ufficiale. Risulta che l’indagata, al momento dell’omicidio, avesse una storia con un coetaneo, una relazione che la stessa donna tendeva a ridimensionare. Martina Patti sembrava fosse abbastanza serena a quel tempo, avendo superato il duro periodo della convivenza con il padre della bambina, con il quale aveva vissuto momenti difficili e anche violenti. Qualche anno prima lo aveva denunciato per maltrattamenti e poi aveva ritirato la querela”.

Che idea si è fatto dell'imputata? Avrebbe agito con lucida freddezza o quando ha commesso l'omicidio era affetta da infermità momentanea?

“Martina Patti appare una persona immatura, ma ambiziosa e concentrata sugli studi infermieristici che praticava dopo avere conseguito una laurea in scienze motorie, un titolo che ostenta con fierezza. Nella descrizione dei fatti appare fredda e distaccata, ma lucida. Allo stato degli atti si può escludere una incapacità, anche perché l’episodio dell’omicidio è stato minuziosamente elaborato e programmato fin dalla mattina”.

Che intende per “minuziosamente elaborato”?

“Martina Patti si è recata nei terreni, dove poi è stato rinvenuto il corpo, per scavare la buca destinata alla sepoltura del cadavere. Per sua stessa ammissione ha portato la bambina in quel luogo avendo con sé in macchina coltello e buste di plastica con le quali l’ha coperta prima di colpirla. La donna infine ha sostenuto la tesi del sequestro in maniera molto decisa, inizialmente anche a fronte delle videocamere che ritraevano il punto del finto rapimento, asserendo che le stesse non riprendevano la scena a 360 gradi”.

Carmelo Zuccaro
Il procuratore Carmelo Zuccaro

Cosa ha raccontato?

“Per completezza va detto che il finto rapimento è stato ricostruito nei seguenti termini. La donna ha riferito che un gruppo di più persone incappucciate aveva fermato la sua auto in una curva, dove era stata costretta a rallentare la marcia. Uno dei presunti rapitori le aveva puntato la pistola, prelevando la bambina dal sedile posteriore. In quel momento l’uomo avrebbe detto: ‘Questo è per tuo marito… non rivedrai più la bambina’. Martina Patti voleva sviarci ricollegandosi a un altro episodio realmente accaduto”.

Quindi vi siete fatti un’idea precisa del profilo psicologico dell’imputata?

“Alla luce di queste circostanze, tra le quali l’abile e ragionata ricostruzione del finto rapimento, può escludersi una incapacità di Martina Patti nel momento in cui ha commesso l’omicidio”.

Qual è il quadro socio-ambientale che emerge dall'indagine?

“L’ambito sociale di provenienza di Martina Patti si presenta di livello buono. Meno elevato è quello di Alessandro Del Pozzo, il padre della bambina. Non a caso aveva riportato anche qualche precedente penale, è stato utilizzato dalla donna strumentalmente nella ricostruzione del finto rapimento”.

Secondo lei c'è la possibilità che durante o dopo l'omicidio Martina Patti si sia avvalsa dell'aiuto di complici?

“Inizialmente si è ipotizzato il coinvolgimento di terzi, in particolare è stato tenuto sotto osservazione l’amico Francesco Nicosia, il quale però aveva un alibi riscontrato. Sulla sua auto non sono state ritrovate tracce ematiche”.

Altri sospettati?

“Non ce ne sono. Si può sicuramente escludere anche il coinvolgimento dei genitori di Martina Patti. Dalla registrazione delle conversazioni a bordo dell’auto della donna, carpite all’alba, si evince che è stato proprio il padre, consapevole delle contraddizioni in cui la figlia è incorsa durante gli interrogatori protrattisi per tutta la notte, a spingerla a confessare il delitto. In seguito è accaduto proprio questo: Martina Patti ha ammesso l’omicidio e ha indicato il luogo dove era stata seppellita la bambina”.

Che ruolo ha avuto la famiglia, seppure in maniera indiretta, in tutta la vicenda?

“La famiglia ha supportato la figlia aiutandola e sostenendola nel rapporto con il padre della bambina, pur essendo mal tollerato per l’indole violenta e litigiosa, oltre che per la diversa provenienza sociale.

I genitori di Martina Patti hanno messo a loro disposizione un appartamento e hanno sovvenzionato la figlia negli studi. Non sembrano avere avuto quindi un ruolo nella decisione della donna di uccidere la figlia. Sembrerebbe aver agito in autonomia, forse spinta dalla volontà di rifarsi una vita”.

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