Stuprata dalla zio, denuncia dopo anni. La sentenza: "Violenza credibile anche dopo tanto tempo"

Dopo la sentenza in primo grado, l'uomo aveva fatto ricorso in Appello. Ma i giudici hanno confermato la condanna per violenza sessuale: "L'attendibilità della denuncia non è compressa dal decorso di tanti anni"

Stuprata dalla zio, denuncia dopo anni. La sentenza: "Violenza credibile anche dopo tanto tempo"
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"L’attendibilità della persona offesa dal delitto di violenza sessuale non è compromessa dal decorso di tanti anni dal momento in cui erano iniziate le condotte illecite al momento della denuncia dei fatti". Lo scrivono i giudici della Corte d'Appello di Perugia nelle motivazioni delle sentenza con cui, lo scorso luglio, un 40enne è stato condannato per violenza sessuale ai danni della nipote della compagna. La vittima aveva denunciato gli abusi sei anni dopo l'inizio dell'incubo, circostanza che dai magistrati perugini è stata valutata ininfluente rispetto alla gravità del reato contestato all'imputato.

I fatti

Stando a quanto riporta l'edizione umbra de Il Messaggero, i fatti risalgono al 2018. La ragazzina, nipote acquisita dell'imputato, avrebbe subito reiterati abusi sessuali da parte dello zio. Violenze che ha taciuto per sei lunghi anni nel tentativo di preservare l'apparente tranquillità familiare. Successivamente, temendo che la condotta molesta del parente avrebbe potuto ripetersi con la sorella più piccola, la vittima ha deciso di rompere il silenzio e denunciare l'accaduto.

La condanna

Dopo la sentenza di primo grado, il 40enne ha deciso di fare ricorso in Appello puntando sulla non attendibilità della denuncia. In buona sostanza, tramite i suoi legali, l'uomo contestava che gli abusi fossero frutto dell'immaginazione della nipote. Ma i giudici di secondo grado hanno confermato la condanna per violenza sessuale. "L’attendibilità della persona offesa dal delitto di violenza sessuale non è compromessa dal decorso di tanti anni dal momento in cui erano iniziate le condotte illecite al momento della denuncia dei fatti", si legge nelle motivazioni depositate lo scorso 3 agosto "Nel caso di specie, la Corte d’appello confermava la sentenza di condanna dell’imputato del delitto di violenza sessuale, commesso a danno della nipote della sua compagna, la quale aveva denunciato i fatti soltanto sei anni dopo l’inizio delle violenze.

- precisano i giudici - La Corte riteneva che il decorso di tale termine non fosse indicativo dell’insussistenza delle condotte contestate, asseritamente frutto dell’immaginazione della persona offesa, quanto piuttosto della volontà della ragazza di non sconvolgere gli equilibri familiari;desiderio che era stato poi superato dal timore che l’imputato potesse commettere le stesse condotte".

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