I punti chiave
- Stati Uniti: sarà davvero una sfida tra Biden e Trump?
- Unione Europea: attesa l'avanzata di destre e euroscettici
- Russia: business as usual
- Regno Unito: la corsa tra Sunak e Starmer
- India, 600milioni di elettori al voto
- Iran: l'incognita della geopolitica e delle proteste
- Bielorussia: solo conferme per Lukashenko
- Taiwan, nodo geopolitico bollente
- Gli altri Paesi al voto
Nel 2024 ben 76 nazioni del mondo si recheranno alle urne, portando al voto il 51% della popolazione mondiale. Basta questo a fare del 2024 un "anno della democrazia"? Difficile: molti degli esiti di questi appuntamenti elettorali possiedono già da ora un esito scontato e lasciano prevedere percentuali bulgare, come nel caso di Russia e Iran. Al di là dei risultati, si tratta di elezioni affatto periferiche ma che coinvolgeranno le principali potenze geopolitiche, protagoniste degli equilibri internazionali. Dagli Stati Uniti alla Bielorussia, ecco le principali realtà al voto.
Stati Uniti: sarà davvero una sfida tra Biden e Trump?
Le elezioni americane costituiscono senza ombra di dubbio la corsa elettorale che terrà con il fiato sospeso il mondo intero. Sebbene l'appuntamento per il super tuesday è già fissato al 5 novembre 2024, questa al momento è l’unica certezza al riguardo: nonostante un gran numero di candidati minori abbiano già ufficializzato la propria candidatura, i due principali protagonisti della sfida elettorale, Joe Biden e Donald Trump sembrano essere, al contempo, gli unici candidati credibili ma anche i più improbabili, vista l’immagine che restituiscono del Paese. Da un lato, il presidente uscente, ormai gaffeur di professione e verso il quale gli stessi dem iniziano a nutrire fortissimi dubbi: il dramma, tuttavia, è che per il partito dell’asinello, il vecchio sleepy Joe risulta essere l’unica proposta concreta di fronte al deserto politico costituito da una vecchia guardia incolore e progressisti eccessivamente a sinistra.
In casa repubblicana, Trump continua a tenere banco nonostante i suoi guai giudiziari che sembrano non averne scalfito la popolarità: se a Biden sorridono i dati macroeconomici, Trump in un sondaggio di metà novembre risultava avanti in almeno sette stati chiave. La grande incognita, assieme al tentativo di impeachment per Biden, è ora la questione sollevata dalla Corte Suprema del Colorado che, bollando The Donald come “incandidabile” ai sensi del 14esimo emendamento, potrebbe sbarrare la strada delle primarie al principale candidato repubblicano. Ironia del destino, questa tornata elettorale sarà nel 2024 l’ultima in ordine cronologico.
Unione Europea: attesa l'avanzata di destre e euroscettici
Le elezioni europee si svolgeranno nella finestra che va dal 6 al 9 giugno 2024. Decimo appuntamento elettorale per il Parlamento europeo, deciderà l’elezione di 705 parlamentari europei. Un appuntamento che segnerà il futuro dell’Unione all’insegna della continuità o della sterzata in un momento storico in cui l’Europa è pressata su più fronti dalle numerose crisi internazionali e all’interno dell’Alleanza Atlantica. I sondaggi disponibili al momento registrano un calo per la cosiddetta “maggioranza Ursula” (Pp, S&D, Re) in favore di raggruppamenti di destra, euroscettici e indipendenti. In ascesa vi sarebbe il gruppo ID (Identità e democrazia) che vede al suo interno alcuni big come Marine LePen e il suo Rassemblement National, l’Afd tedesco, così come la Lega di Matteo Salvini.
Una tendenza che sarebbe stata rafforzata dagli esiti elettorali olandesi con la vittoria del Pvv di Geert Wilders, ma anche dalla linea che in Austria sta facendo registrare consensi alla FPÖ. Secondo le previsioni, dunque, la spinta di ID consentirà al raggruppamento di diventare il quarto gruppo più importante al Parlamento europeo. Come per ogni stato europeo, l’appuntamento elettorale rivestirà nei singoli membri un’importanza fondamentale per la tenuta della politica nazionale: non ultima l’Italia, ove le elezione europee saranno un banco di prova per il governo Meloni.
Russia: business as usual
Le elezioni in Russia previste per il 17 marzo 2024 saranno cruciali, sebbene scontate. Nonostante nei risultati, salvo colpi di scena, finirà per prevalere lo status quo, tutti attendono una qualche svolta nella gestione del conflitto in Ucraina. La vera novità è che Vladimir Putin ha scelto di candidarsi come indipendente, con una buona base di sostegno, e non come candidato di partito di Russia Unita, sebbene la formazione al governo ha già assicurato il proprio endorsement e arruolamento nella campagna elettorale. Un appuntamento elettorale che, ipotecando un altro mandato di sei anni, gli garantirebbe sopravvivenza politica fino al 2030.
L'altra novità avrebbe dovuto essere la sfidante Yekaterina Duntsova, quarantenne, due lauree ed ex giornalista del piccolo schermo che aveva annunciato la sua candidatura sotto le insegne della "pace e della democrazia", promettendo la fine dell’ “operazione speciale”. Tuttavia, una candidatura così apertamente liberale e critica nei confronti di Putin aveva sollevato numerosi dubbi sulla genuinità della stessa: per molti osservatori, Duntsova sarebbe stata un fantoccio del Cremlino, utilizzata per trasmettere all’esterno l’impressione della libera competizione in regolari elezioni democratiche. "Lei è una donna giovane, ha tutta la vita davanti": con tono paternalistico, il 23 dicembre scorso, la presidente della Commissione elettorale russa, Ella Pamfilova, ha annunciato all'ex reporter la bocciatura della sua candidatura, ufficialmente per "errori nei documenti" presentati per la registrazione alla corsa elettorale.
Regno Unito: la corsa tra Sunak e Starmer
Nuovamente tempo di incognite per i sudditi di Sua Maestà. Rishi Sunak riuscirà a mantener la guida del Regno? Più facile a dirsi che a farsi: il leader deve fronteggiare un elettorato stanco di 13 anni di conservatori che non hanno mantenuto le premesse, ma soprattutto deve difendersi dall'ascesa dei laburisti nei sondaggi. La fotografia del Paese, sebbene Sunak chieda un tempo "lungo" per portare a termine i suoi piani, restituisce un'immagine decadente. Infrastrutture che saltano per costi troppo elevati, allontanamento dall3 politiche green, malcontento diffuso e "nostalgia europea" sembrano segnare una cesura rispetto alle promesse fatte prima e dopo.
Dal canto laburista Keir Starmer si atteggia da tempo a guisa di nuovo premier, incontrando i grandi leader del mondo e promettendo ai sudditi di riscrivere l'accordo sulla Brexit. La data non è ancora certa, oggetto di una battaglia tra opposizione e maggioranza: quello che è certo è che le general elections non potranno tenersi oltre il 28 gennaio 2025, con le Camere che non potranno essere sciolte più tardi del 17 dicembre del prossimo anno.
India, 600milioni di elettori al voto
Nel 2024 anche l’India si recherà alle urne. La vittoria a sorpresa del Bjp alle elezioni regionali ha conferito al premier Narendra Modi l’iniezione di fiducia che cercava per lanciarsi con spirito verso le elezioni generali previste per l’aprile/maggio 2024 (e comunque prima del mese di giugno, quando la legislatura scadrà naturalmente) e che porteranno alle urne 600 milioni di indiani. Sempre più in caduta libera, invece, il Congress della famiglia Gandhi, guidato da Sonia e i suoi figli.
Sarà interessante seguire le dinamiche indu/musulmani nel corso dei mesi che porteranno al voto: la vittoria del Bjp in Rajastan, infatti, è testimonianza di come i musulmani abbiano scelto comunque il partito di governo, al di là delle politiche di Modi incentrate sulla mononazionalità. Fallisce, nel frattempo, anche la mission del “consorzio” I.N.D.I.A, che riunisce tutti gli avversari politici di Modi, sia a livello regionale che nazionale. Una strada spianata verso la riconferma, dunque, che contribuisce a rafforzare la postura internazionale di New Delhi soprattutto su dossier caldi come quello cinese, che passa anche per il sostegno a Israele e per il perenne flirt con gli Stati Uniti, avviatosi già nell’era Trump. L’eventuale conferma di Modi contribuirebbe, inevitabilmente, a rafforzare anche la posizione indiana nelle organizzazioni che la vedono in prima fila assieme a grandi nazioni come il G20 e il Quad, che molto deve al governo Modi.
Iran: l'incognita della geopolitica e delle proteste
L’Iran dovrebbe, salvo imprevisti, andare alle elezioni parlamentari il 1 marzo 2024. Sebbene queste elezioni abbiano una veste formalmente democratica, si tratta un ramo della cosa pubblica che raramente impatta sulla vita dei cittadini o provoca scossoni. Tuttavia, si tratta di una liturgia elettorale fondamentale per osservare l’atteggiamento del leader supremo che, a urne aperte, potrebbe mostrare una serie di segnali circa le riforme del futuro, la sua eredità politica o, banalmente, acquisire un nuovo atteggiamento di facciata mentre il paese resta in stato di agitazione. Il Majilis è e resta un importante megafono della politica ufficiale: ridotti a zero i suoi poteri consultivi, serve al manipolo di uomini che ha in mano la nazione ad amplificare alcune strategie, soprattutto internazionali (come nel caso dei colloqui sul nucleare).
Le registrazioni per le candidature sono già aperte dallo scorso agosto, così come sono iniziati gli appelli al voto: l’obiettivo è quello di garantire ai conservatori di mantenere salda la maggioranza. Nei calcoli politici di Teheran, però, è necessario fare i conti anche con la guerra a Gaza, che sembra aver messo in ombra un certo protagonismo iraniano: gli osservatori prevedono al momento due possibili scenari a sorpresa. Da un lato, alte percentuali di astensione, da parte di un popolo che si sente senza speranza, dall’altra, qualora il conflitto a Gaza dovesse concludersi con una sconfitta di Hamas, potrebbe verificarsi un potente indebolimento della leadership al potere.
Bielorussia: solo conferme per Lukashenko
Nazione accolita di Mosca, andrà al voto il 25 febbraio 2024. Anche qui l'esito appare scontato. Le elezioni saranno uno stress test per il nuovo corpo politico denominato "Assemblea di tutto il popolo bielorusso" composto da 1200 delegati e presieduti da una stretta cerchia di 15, al vertice del quale figura ovviamente Alexandr Lukashenko, che ha perfino modificato la Costituzione per dare corpo e vigore all'istituzione. Per questa ragione, tale appuntamento elettorale potrebbe sì risolversi in una farsa, ma sarà cruciale nella conferma del sistema Lukashenko, oltre che pietra miliare della sua corsa verso le presidenziali del 2025.
Al momento, non sono attese proteste, nè a livello regionale, tanto-meno nelle grandi piazze nazionali: il potere dei consigli locali e del Parlamento sono ridotti al lumicino e il popolo bielorusso non fa registrare che scarso interesse per questo rito democratico.Inoltre, le norme anti-contestazioni sono andate via via inasprendosi: sono tre gli anni di prigione per chi supporta un candidato progressista/alternativo o chiede il riconteggio dei voti, denunciando eventuali brogli. Sviatlana Tsikhanouskaya, la leader dell'opposizione in esilio, ha invitato i bielorussi a boicottare le urne all'interno di questa tornata elettorale "senza senso nè giustizia".
Taiwan, nodo geopolitico bollente
Ci sono molte altre tornate elettorali da tenere d'occhio nei prossimi mesi. Come le elezioni presidenziali e per il rinnovo del Parlamento a Taiwan, previste per il 13 gennaio. Di fondamentale importanza perché legate a uno degli snodi geopolitici più importanti del mondo. Ma soprattutto, l'ex Formosa è una delle economie più avanzate del Pianeta, con un altissimo tasso di produzione tecnologica. Nonostante ciò, nel 2023 la crescita economica sembra aver rallentato e l'inflazione, seppur bassa, ha eroso il potere d'acquisto dei salari.
Quanto basta ad aver logorato l'immagine del partito al governo (DPP), favorendo l'ascesa di una terza forza politica: il Taiwan People's Party (TPP) guidato dall'ex sindaco di Taipei. Quest'ultimo si è reso protagonista di un programma alternativo che mira a conquistare l'elettorato giovane, a rifuggire dalle tentazioni indipendentiste, ma soprattutto a realizzare una certa equidistanza tra Cina e Stati Uniti. La gara, al momento, sembra essere tra Lai Ching- te, attuale vicepresidente, e Hou You-Hi, ex sindaco di New Taipei city. Il leader del TPP Ko Wen-je sarebbe il terzo sul podio, pronto a dare battaglia, "disturbando" la competizione principale.
Gli altri Paesi al voto
In Europa come in giro per il mondo vi saranno altre elezioni da considerare notevoli. Fra queste le elezioni legislative portoghesi del 10 marzo a seguito delle dimissioni del ministro socialista Antonio Costa. Il Portogallo potrebbe essere protagonista di un'ondata destrorsa con il Partito Radicale Chega. Il 9 giugno si terranno invece le elezioni politiche in Belgio. La piccola nazione restituisce una fotografia politica tripartita con gli indipendentisti fiamminghi di estrema destra in testa nelle Fiandre, i socialisti in Vallonia e i liberali destinati a vincere a Bruxelles. In autunno si terranno anche le elezioni legislative austriache, anche queste fondamentali perché potrebbero rivelarsi cruciali per l'avanzata della estrema destra in Europa con il Partito della Libertà dell'Austria. A seguire, l'Indonesia, la più grande democrazia del Sud est asiatico protagonista dei più devastanti cambiamenti climatici al mondo, andrà al voto il 14 febbraio.
Il Messico andrà al voto il 2 giugno per le elezioni presidenziali e parlamentari. A sfidarsi saranno due donne, Claudia Sheinbaum, per il Movimento di Rigenerazione Nazionale e la conservatrice Xochtil Galvez.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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