All'indomani dell'attacco di Hamas a Israele, la catena di comando del Paese sembra più salda che mai. La diatriba scatenatasi a partire dalla riforma giudiziaria promossa dal governo, che sembrava affliggere alcuni ranghi delle Idf, appare ormai acqua passata di fronte al ricompattamento che questi ultimi giorni hanno provocato, rinsaldando il legame governo-generali-forze armate. Ma chi sono gli uomini forti di Israele che, in questa fase, guidano la controffensiva?
Herzi Halevi, capo di stato maggiore generale
Herzi Halevi è il generale-filosofo che sta guidando Israele contro Hamas. Classe 1967, viene dal mondo dei paracadutisti, ma dal 2018 ha assunto il comando della zona militare meridionale dopo anni all’intelligence militare. La principale medaglia sul suo petto? Essere stato al comando della leggendaria Sayeret Matkal. Sono numerosi i simbolismi della vita personale di quest’uomo: madre discendente da una blasonata dinastia rabbinica, nonno militante nell’Irgun e zio morto nella guerra dei Sei Giorni e da cui ha ereditato il nome.
Fra tutti i generali, Halevi è l’uomo al momento messo alla gogna per via delle falle nel sistema, che hanno consentito ad Hamas di infliggere uno dei colpi più gravi allo Stato d’Israele: tuttavia, va anche ricordato che, in qualità di capo di stato maggiore, la scorsa estate era stato additato come "simpatizzante" della protesta contro la riforma giudiziaria di Benjamin Netanyahu. Egli stesso aveva promosso un’operazione di riconciliazione a cui aveva invitato sia il premier che l’opposizione, di fronte ai riservisti dell’aviazione che minacciavano di non presentarsi più a lavoro.
Nel bel mezzo della crisi, Halevi aveva ribadito che la riforma avrebbe potuto indebolire Israele nei confronti dei nemici atavici che ne avrebbero potuto profittare. Ad oggi, il generale che conduce la controffensiva di Israele a Gaza, dapprima accusato di fare la Cassandra, rischia di passare alla storia come una figura tragica: Halevi sarà per sempre inchiodato in Israele a questo evento traumatico e agli oltre mille morti militari e civili.
Yoav Gallant, ministro della Difesa
Da annoverare fra gli ex-generali, classe 1958, Gallant è stato a lungo a capo del comando meridionale dell'Idf e in Israele ha prestato prevalentemente servizio in ruoli di combattimento. Ha iniziato la sua carriera nel 1977 in un commando navale, successivamente è passato alle Forze di terra e nel 1993 ha assunto il comando della brigata Menashe (Jenin) presso la divisione della West Bank. Dopo aver servito per tre anni come comandante della 13a flottiglia è passato al comando della Divisione Gaza. Nel 2002 ha raggiunto il grado di Maggior Generale quando è divenuto Segretario Militare del Primo Ministro, mentre nel 2005 è stato assegnato al Comando Sud.
Ritiratosi dal servizio militare ha aderito al nuovo partito Kulanu nel gennaio 2015, che gli ha aperto le porte alla Knesset ove, dopo la sua elezione, ha avviato la sua sfida politica, ottenendo la nomina a ministro dell'Edilizia nel 2015. In seguito ha aderito al Likud, venendo assegnato nel gennaio del 2019 al ministero dell'Aliyah e dell'Integrazione e poi ancora all'Istruzione. Nel VI governo Netanyahu, ricopre invece il ruolo di ministro della Difesa, che gli ha provocato non pochi scontri con il primo ministro: nella scorsa primavera, infatti, Gallant aveva rotto i ranghi sulla vicenda della riforma giudiziaria, "guadagnandosi" un licenziamento che, tuttavia, non è mai divenuto operativo.
Tomer Bar, capo dell'aviazione
Tomer Bar è il capo dell’aeronautica israeliana: classe 1969, ha servito precedentemente nell’Air Force Design Directorate e come pilota di caccia F-16. Si tratta di un pluridecorato di Israele, avendo servito nella Seconda guerra del Libano, nell’operazione South Lebanon Security Zone e nella Operation Protective Edge. Bar era stato protagonista del braccio di ferro con i suoi riservisti, autori di uno sciopero a oltranza in segno di protesta per il progetto di riforma giudiziaria messa in campo dal governo.
Era stato egli stesso a fissare la scadenza del 17 ottobre, intimando ai riservisti dell’aeronautica di presentarsi a lavoro per non rischiare di essere dichiarati definitivamente non idonei al servizio. Proprio in occasione di una lettera scritta ai suoi in occasione dell’anniversario della Guerra dello Yom Kippur, Bar aveva ribadito quanto fosse importante per i militari israeliani il clima di fiducia, “sapere che lo Stato è dietro di loro”, soprattutto in previsione della “prossima guerra che li avrebbe sfidati”.
Gli altri uomini chiave di Israele
Nella battaglia contro Hamas, il governo Netanyahu ha deciso di imbarcare uomini chiave anche dall'opposizione. La loro presenza nella squadra è legata non tanto alle idee politiche, o a una sindrome da rally under the flag, quanto ai trascorsi militari di questi ultimi. Per questa ragione, la loro presenza sarà limitata all'emergenza legata alla guerra in corso. Del resto, il suo entourage è disseminato da politici di professione che non hanno avuto ruoli chiave nella Difesa o che non hanno fatto un solo giorno di leva.
Fra questi almeno due sono degni di nota. Gadi Eisenkot, tra i nuovi entrati nel governo Netanyahu in quota opposizione, nonché ex capo di Stato Maggiore. Eisenkot possiede un lungo cursus honorum da militare giunto al termine nel 2019 dopo ben quattro decadi nell’Idf. Eisenkot possiede una visione politica composita, che passa per le fondamenta ebraiche dello Stato di Israele, tuttavia propendendo per la soluzione dei due Stati, a suo dire preferibile all’idea di Stato binazionale. Egli è stato anche promotore di un cessate-il-fuoco a lungo termine nella striscia di Gaza. Il suo ingresso come osservatore nel Consiglio di guerra, porta con sé delle idee innovative per quanto riguarda le forze sul campo, volte a ridurre il numero degli ufficiali di carriera, congedare definitivamente i riservisti meno preparati ma soprattutto smantellare le brigate di carristi datate. Le riforme sul campo promosse da Eisenkot partono dalla convinzione che un esercito ad alta tecnologia potrebbe non essere sufficiente a fronteggiare una moltitudine infinita di forze paramilitari assimilabili ad eserciti, come nel caso di Gaza e Libano.
Benny Gantz, proveniente anch'egli dall'opposizione, è stato anche lui Capo di Stato Maggiore. E proprio durante i mesi di guerra contro Hamas nel 2014: fu sua l'inziativa di indirizzare 25 miliardi di dollari all'innovazione tecnologica dell'Idf, permettendo così di avere forze più ridotte ma ben più letali, capaci di affrontare avversari non convenzionali in ambienti complessi (Gaza, la Cisgiordania o la Linea Blu) e su fronti multipli. Giovedì scorso il governo di emergenza formato dal primo ministro Netanyahu e dal Partito di Unità Nazionale di Gantz è stato approvato dalla Knesset con 66 voti favorevoli e nessuno contrario. La Knesset ha approvato le nomine dei membri del partito di Unità Nazionale, tra cui appunto Gantz e Eisenkot, oltre a Gideon Sàar, Chilli Tropper e Yifat Shasha-Biton, tutti ministri senza portafoglio.
Durante la sessione, ha annunciato l'attivazione di clausole previste dalla Legge fondamentale riguardanti "la dichiarazione di guerra o l'attivazione di azioni militari significative". Questo permetterebbe di delegare l'autorità a un gabinetto di emergenza che includerebbe egli stesso, Gallant e Gantz.
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