La Cina, tramite il suo ministero degli Esteri, ha formalmente chiesto alle ambasciate straniere e le organizzazioni internazionali straniere presenti a Pechino, di non utilizzare a fini di “propaganda politica” le mura dei loro edifici. A riportarlo è l’agenzia di stampa giapponese Kyodo citando "numerose fonti diplomatiche nella capitale".
Il comunicato. risalente al 10 maggio, esortava in tal senso le ambasciate onde “evitare di provocare conflitti tra Stati” appellandosi al fatto che le istituzioni in questione siano "obbligate a seguire le leggi e i regolamenti cinesi". Il tutto in netto contrasto con Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche.
Nessuna delle ambasciate ha rimosso i manifesti
La richiesta sembra direttamente connessa al sostegno che, buona parte della comunità internazionale, sta mostrando nei confronti del popolo ucraino. Molte ambasciate infatti hanno affisso manifesti in lingua cinese e inglese raffiguranti la bandiera ucraina e lo slogan #StandWithUkraine. Sempre secondo l’agenzia Kyodo il comunicato non avrebbe sortito alcun effetto; infatti, nessuna delle istituzioni interessate (a partire da Polonia, Germania e Canada) ha provveduto a rimuovere i cartelli “incriminati”.
La Cina come “attore super partes”
Il comunicato sembra inserirsi in una serie di mosse strategiche utili a rendere la Cina mediatore credibile nel processo di pace. Già a febbraio, infatti, in occasione del primo anniversario della guerra, il ministero degli esteri cinese ha prodotto un proprio documento per la pace. (Il capo della diplomazia cinese Wang Yi ha ribadito che si tratta di un documento e non una proposta di pace).
Da lunedì, inoltre, il governo di Pechino ha dato mandato a un emissario speciale che si recherà in Ucraina, Russia, Polonia, Francia e Germania per promuovere intese e accordi.
Il blocco occidentale e in particolare gli Stati Uniti rimangono scettici e divisi su una mediazione cinese, il debole ma costante appoggio a Mosca non passa certo inosservato; tuttavia, uno spiraglio sembra lasciarlo il segretario di stato Blinken che, come riporta il Wall street journal in un articolo del 15 maggio, ha espresso cauto ottimismo sulla possibilità di un coinvolgimento, non ben definito, del gigante orientale nel disinnescare il conflitto.
La questione del negoziato stringe in maniera decisiva l’Occidente per due motivi: la mancanza di munizioni, che ha portato l’UE a firmare per dirottare alcuni fondi PNRR nella produzione bellica e l’assunto che più il tempo passa più la Russia ne trae naturale vantaggio (come nei conflitti con gli ex satelliti sovietici).
A confermarlo è la direttrice dell’intelligence nazionale statunitense Avril Haines (DNI): "Continuiamo a pensare che Putin sappia nei suoi calcoli che il tempo gioca a suo favore”.Questo ultimo comunicato, che cerca ancora una volta di porre la Cina in una dimensione super partes, potrebbe però sortire l’effetto contrario.
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