Iran, il boia non si ferma: confermata la condanna a morte per Pakhshan Azizi

L'operatrice umanitaria curda è detenuta nel carcere di Evin dal 2023

Iran, il boia non si ferma: confermata la condanna a morte per Pakhshan Azizi
00:00 00:00

Una vita a sostegno di donne e bambini sfollati, sostenendo i valori della libertà e della giustizia. Assistente sociale e attivista per i diritti delle donne: Pakhshan Azizi si è opposta sia all'ISIS che all'oppressiva Repubblica islamica dell'Iran. Queste le sue colpe secondo il regime di Teheran, che la tiene in carcere a Evin dal 2023. E che ora la condanna a morte per impiccagione.

Lo stesso regime che schiaccia le voci delle donne e mette a tacere il dissenso ha preso di mira due anni fa Azizi, accusandola di “ribellione armata” senza prove credibili. Non si tratta solo di un attacco a un singolo individuo, ma di un tentativo deliberato di sopprimere il movimento "Donna, Vita, Libertà". Azizi è stata arrestata il 4 agosto del 2023 assieme a suo padre, la sorella e il cognato. L'accusa è di quelle che la Repubblica islamica sciorina a ciclo continuo: appartenere a gruppi impegnati in attività armate contro il regime. Niente di più falso: Azizi è un'operatrice umanitaria e ha lavorato nel Kurdistan iracheno e nel nord della Siria, in particolare nei campi profughi di Sinjar.

Azizi, laureata in assistenza sociale presso l'Università Allameh Tabataba'i di Teheran, ha una storia di precedenti arresti da parte delle forze di sicurezza. È stata arrestata per la prima volta il 16 novembre 2009 durante un raduno di protesta di studenti curdi presso l'Università di Teheran contro le esecuzioni politiche in Kurdistan. Dopo quattro mesi di detenzione è stata rilasciata su cauzione e alla fine ha lasciato l'Iran, risiedendo negli ultimi anni nella regione del Kurdistan iracheno. Inoltre, dopo l'attacco dello Stato Islamico al Kurdistan siriano, ha lavorato per diversi anni come assistente sociale nei campi profughi.

Azizi, dopo l'arresto, è stata condotta al reparto 209 della prigione di Evin, mentre i suoi familiari sono stati rilasciati dopo alcuni giorni di interrogatorio. Durante la sua detenzione, le è stato negato il diritto a un avvocato ed è stata sottoposta a pressioni e torture per estorcerle confessioni forzate. L'11 dicembre 2023, è stata trasferita dal reparto 209 al reparto femminile della prigione di Evin. Il suo avvocato, fin dal primo momento, ha denunciato la fabbrica di prove false a suo carico oltre che le torture: dopo continui rimandi ora viene confermata la condanna per impiccagione. Nel febbraio 2024, dopo due comparizioni presso la Sezione Cinque della Procura pubblica e rivoluzionaria di Teheran, è stata accusata di "insurrezione armata" (baghi), reato che in Iran prevede la pena di morte. La prima e la seconda udienza si sono tenute il 28 maggio e il 16 giugno 2024 presso la sezione 26 della Corte rivoluzionaria islamica di Teheran, presieduta dal giudice Iman Afshari. Il 23 luglio 2024, i suoi avvocati sono stati informati della sua condanna a morte e a quattro anni di carcere.

Il verdetto afferma anche che è stata condannata a quattro anni di prigione per "appartenenza a gruppi di opposizione" attraverso la militanza nel Partito per la vita libera del Kurdistan (PJAK). Il verdetto, riferendosi alle proteste antigovernative di "Donne, Vita, Libertà" in seguito all'omicidio Mahsa Amini, soprannominato le "rivolte del 2022-23", afferma: "Lei [Pakhsan Azizi] è entrata nel paese per infiammare la situazione in Iran, ha contattato le famiglie di coloro che sono stati uccisi nelle rivolte del 2022-23, ha spiegato loro gli obiettivi e i programmi del gruppo di opposizione e li ha incoraggiati a continuare le loro proteste e a non rinunciare alla vendetta di sangue per i loro figli". Durante gli interrogatori presso il centro di detenzione 209 della prigione di Evin a Teheran e le sue comparizioni in tribunale, Azizi ha negato con veemenza qualsiasi coinvolgimento in operazioni armate o appartenenza al PJAK.

Azizi ha anche scritto una lettera dal carcere intitolata "Nascondere la verità e la sua alternativa", pubblicata il 27 luglio 2024 da Bidarzani media, in cui ha spiegato i suoi pensieri e le sue attività politiche e sociali in risposta alle accuse mosse dalle autorità. Ha raccontato il modo violento del suo arresto e di quello della sua famiglia da parte delle forze di sicurezza, nonché le torture subite durante la sua detenzione.

Il 2025 è iniziato da una manciata di giorni e sono già 40 le persone che la Repubblica islamica ha giustiziato.

Il 7 gennaio, la Corte suprema ha confermato le condanne a morte di Behrouz Ehsani e Mehdi Hassani con le accuse di ribellione armata, "guerra contro Dio e corruzione sulla Terra".

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica