Rivoluzione sulle orme di Mao: cosa rivela la strategia di Xi

Xi Jinping ha stravolto i ranghi del Partito Comunista avviando la più grande campagna contro la corruzione nella storia moderna della Cina

Rivoluzione sulle orme di Mao: cosa rivela la strategia di Xi
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Le recenti rimozioni di ministri, alti funzionari e militari dai loro ruoli di spicco all’interno della società cinese non sono fulmini a ciel sereno. Rientrano a pieno titolo in una sorta di purga permanente scandita da Xi Jinping alla quale il presidente della Cina ha legato la sua autorità. Si tratta di una purga infinita, incessante, pronta a riemergere quando nessuno se lo aspetta per colpire rivali, spie o personaggi scomodi sotto forma di campagne anti corruzione. I leader del Partito Comunista Cinese (PCC) hanno sempre adottato questo modus operandi ricalcando – e anzi perfezionando - le orme del loro padre ideologico Mao Zedong. In un simile contesto evolutivo Xi sta ulteriormente alzando l’asticella della rivoluzione continua tratteggiata dal Grande Timoniere, adattandola al presente e rendendola ancor più efficace.

La rivoluzione permanente di Xi

Come ha evidenziato il Wall Street Journal, Xi ha ripulito i ranghi del Partito Comunista avviando la più grande campagna contro la corruzione nella storia cinese moderna. Ora, ha proseguito il quotidiano statunitense, il presidente cinese starebbe minacciando di pietrificare il partito in un periodo delicatissimo, mentre la Cina è alle prese con nodi economici da sciogliere e tensioni internazionali. Da quando Xi è salito al potere nel 2012, le autorità hanno punito circa 5 milioni di persone per reati che vanno dall’abuso di potere alla corruzione. Nel 2023, la "rivoluzione permanente" ha colpito vari settori (finanza, cibo, assistenza sanitaria, semiconduttori e sport)e tolto di mezzo decine di altissimi funzionari, banchieri, direttori ospedalieri, dirigenti di calcio e persino ministri.

Al momento non si vede all’orizzonte una fine di questa campagna perpetua. Al contrario, il leader cinese ha recentemente delineato i suoi piani su come procedere nei prossimi anni e ha persino preso di mira l'agenzia stessa incaricata di realizzare la stessa campagna. “La lotta alla corruzione è la forma più completa di auto rivoluzione. Finché le condizioni favorevoli alla corruzione continuano ad esistere, la lotta alla corruzione non può cessare neanche per un momento”, aveva del resto dichiarato Xi giorni prima di iniziare il suo terzo mandato come capo partito nell'ottobre 2022.

Un'affermazione del genere, ritengono vari analisti, ha sostanzialmente aperto la strada a Xi per usare le epurazioni disciplinari indefinitamente come un modo per imporre la fedeltà a se stesso e alla sua visione per mezzo della paura. Per la cronaca, i dati ufficiali mostrano che almeno mezzo milione di persone vengono disciplinate ogni anno dal 2017 — circa quattro volte più di quelle che venivano generalmente punite ogni anno quando il predecessore di Xi ha detenuto il potere dal 2002 al 2012.

Gli echi di Mao

Numerosi storici affermano che le epurazioni perpetue di Xi sono in parte ispirate dalle idee di Mao sulla realizzazione della rivoluzione continua che avevano lo scopo di evitare l'atrofia ideologica nel partito e nella società in generale. Ma mentre Mao risvegliava nei comuni cinesi la necessità di eliminare i nemici di classe e aggredire dall’esterno un partito in decomposizione, Xi ha scosso il partito dall'interno, usando la paura come leva per imporre comportamenti virtuosi.

Sia chiaro: Xi Jinping e Mao Zedong sono due leader completamente diversi, impossibili da paragonare perché a capo di due "Cine" diametralmente opposte tra loro e con obiettivi strategici agli antipodi. Mao esercitava il suo potere indipendentemente dal partito, mentre Xi è anima e cuore del PCC, che oggi si è istituzionalizzato e ha assunto una struttura più complessa rispetto al passato.

Possiamo affermare che l’attuale presidente cinese assomiglia più ad un amministratore delegato (e il partito alla sua azienda) che non ad un leader di lotta e rivolta. E poi: Xi guida una Cina in rampa di lancio integrata nell’economia globale, mentre il suo antenato governava un Paese del terzo mondo sull’orlo della povertà. Xi Jinping, insomma, non è né ambisce a diventare il “nuovo Mao”.

Come tutti i presidenti cinesi succedutisi dal 1949 ad oggi, però, Xi non ha abbandonato la retorica ideologica di Mao. Retorica e ideologia: eccolo, dunque, il binomio che funge da trait d’union tra i leader della Cina. E che oggi si materializza con una rivoluzione permanente 2.0.

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