Scam city, le fabbriche della truffa

Sono vere e proprie città, tutte nel sud est asiatico. Da qui partono le tentate frodi via mail o telefono. Il giro d’affari supera i 3mila miliardi di dollari all’anno

Scam city, le fabbriche della truffa

All’interno di un capannone ci sono gli addetti alla truffa sentimentale, in quello a fianco gli esperti di investimenti trappola nelle criptovalute. Più avanti c’è la sezione di raccolta dati con i malware. E guai a chi osa alzarsi dalla scrivania senza aver adescato il numero di vittime concordato per la giornata.

Benvenuti nelle scam city, le città della truffa. Non sono semplici call center ma veri e propri agglomerati urbani presidiati dai militari. Da qui partono le mail, i messaggi e le telefonate destinate alla Cina, all’India. E all’Occidente, Italia compresa: una raffica di milioni di trappole tese ogni giorno in cui prima o poi qualcuno cade. Da lì arrivano le chiamate da «numeri strani» che riceviamo più volte nell’arco della settimana.

Le industrie fortezze

Gli «uffici», ricavati in palazzine che cadono a pezzi o in capanni di lamiera, hanno attorno hanno hotel e casinò: servono per lo svago dei boss mentre i dipendenti simil-schiavi sono attaccati al computer o al cellulare, cuffie in testa e microfonino alla bocca.

Le industrie della truffa stanno nascendo come funghi in tutto il sud est asiatico e sono il punto di incontro tra la mafia cinese e governi facilmente corruttibili. Due delle più grandi sono a Myawaddy, sul fiume Moei, al confine tra Thailandia e Birmania, e a Sihanoukville in Cambogia, nota ai turisti più per le spiagge bianche che per il crimine web.

"Schiavi" macina soldi

Il giro d’affari è enorme: Singapore è arrivata a calcolare introiti paragonabili a quelli del narcotraffico, fino a 3mila miliardi di dollari all’anno. L’Ufficio per la lotta alla droga e al crimine delle Nazioni Unite parla di flussi finanziari illeciti tra 7,5 e 12,5 miliardi di dollari solo nella regione del Mekong.

I «centralinisti» vengono assunti in cambio di lauti guadagni (700-1000 dollari al mese contro i 50-80 dollari di salario medio dei loro paesi). Ma una volta assunti non possono più uscire: chi tenta la fuga viene punito senza tanti complimenti, umiliato e picchiato davanti a tutti.

infografica scam rurbica zoom

Cani e maiali

I «dog» (così vengono chiamati i cyber schiavi che, secondo l’Onu, potrebbero essere 200mila) al loro arrivo ricevono una guida: è la bibbia per adescare i «pig» (le vittime della truffa, potenzialmente tutti noi).

Prima regola: mai avere fretta, conquistare confidenza con la vittima a piccoli passi, senza destare sospetti. Seconda regola: carpire più informazioni possibili sul «pig» e utilizzarle per rafforzare la fiducia. Comunicare le informazioni carpite su iban, mail, cellulare, pin all’ufficio «database» e «raccolta dati», che provvederà a concludere l’operazione o a rivendere le informazioni.

Così viene messo a segno il colpo, che sia una truffa sentimentale (con richiesta di bonifico per improvvise emergenze dell’innamorato) o una falsa attività di trading online (con accesso a iban e conti bancari).

Nel mirino

Le vittime siamo noi, distratti, ingenui, che ancora crediamo alle offerte sconto provenienti da numeri sconosciuti indonesiani, che pensiamo «Che fortuna!» se ci promettono un premio alla fine di un sondaggio online, e che ci facciamo intortare da medici farlocchi in Iran che ci vorrebbero venire a trovare, ardenti d’amore, ma che, guarda tu, di colpo non hanno i soldi per pagare il biglietto aereo.

O ancora: ci fidiamo di un presunto esperto di criptovalute sentito in chat e investiamo, illusi di guadagnare, fino a quando non ci viene ripulito il conto. Così In Italia, negli Stati Uniti. E ancor di più in Asia e in Cina, dove la promessa di guadagni facili fa cadere in trappola chi vive in costante povertà. Insomma, nel mirino dei truffatori finiscono tutte le nostre fragilità: avidità, solitudine, noia.

Il rischio deepfake

Il problema è che gli strumenti tecnologici si stanno affinando: sono già state messe a segno le prime truffe con deepfake, videochiamate in tutto e per tutto simili a quelle delle persone della nostra vita, o con voci clonate, come nel caso delle finte telefonate del ministro della Difesa Guido Crosetto agli imprenditori. L’intelligenza artificiale rischia di fare danni enormi. Già così siamo senza paracadute: fatichiamo a capire quando le notifiche di irregolarità fiscali ricevute via Whatsapp sono false, quando le richieste di pagamento di imposte per recupero fondi sono totale invenzione, quando le comunicazioni relative ad avvisi di giacenza di raccomandate elettroniche sono un tranello, quando le richieste di pagamento di imposte non dovute su criptovalute sono l’ennesimo tentativo di spillarci soldi. Come riferisce il report della polizia postale, in Italia nel 2024 sono stati trattati 18.714 casi di truffe online, in crescita del +15% rispetto ai 16.325 del 2023. Questi hanno portato a indagini su 3.581 persone e a cifre rubate sempre più alte, in un anno in Italia quasi 200 milioni di euro. Le segnalazioni sono state 82mila, le richieste di assistenza 23mila.

Il contrattacco italiano

Tra scam, spionaggio informatico e hackeraggio, i nostri dati sembrano sempre più esposti. Come difendersi? I vademecum anti truffa delle associazioni dei consumatori.

E l’Italia ha un fitto piano anti infiltrazioni, con investimenti pari a 97 milioni di euro all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale per aggiornare e rendere sempre più sofisticati i programmi informatici anti hacker. La legge 90 del 2024 inoltre ha dotato la Polizia Postale si strumenti più sofisticati e permette un dialogo più veloce e facile tra forze dell’ordine, magistratura e presidenza del Consiglio.

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