La corsa (nel caos) al fine vita: 40 richieste al giorno. Il governo prepara una legge nazionale

Situazione caotica alla vigilia di una legge nazionale. Il caso Toscana: le prime domande valutate a inizio aprile

La corsa (nel caos) al fine vita: 40 richieste al giorno. Il governo prepara una legge nazionale

Valeria Imbrogno è l’ex compagna di dj Fabo e nel 2017, tra dolore misto fierezza, lo ha accompagnato in Svizzera per fargli avere il suicidio assistito e mettere fine al suo calvario. Da quel momento coordina il numero bianco dell’associazione Luca Coscioni, e raccoglie le chiamate di chi chiede aiuto per mettere fine alla trappola delle sofferenze «senza uscita». Le richieste di informazioni sono tantissime: 13.977 in un anno, 38 al giorno. E anche questo conferma quanto sia urgente una legge nazionale che regoli il fine vita.

La mini-Svizzera

In Toscana è stata appena approvata la legge sul suicidio assistito e già ad aprile potranno essere valutate le prime richieste di accompagnamento alla morte. E nel resto d’Italia? Si rischia di creare disordine e squilibrio tra una regione e l’altra, con l’ipotesi che altri consigli regionali approvino leggi con regolamenti differenti e con il pericolo che non tutti riescano a esercitare allo stesso modo il proprio «diritto alla morte». O ancora: potrebbero avere inizio viaggi per andare a morire nell’unica regione che lo permette.

Che fare allora? Il dibattito è estremamente acceso: il movimento Pro Vita preme perché il governo impugni in Corte Costituzionale la legge toscana («per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato»). Il Vaticano per la prima volta apre a una «mediazione legislativa» per colmare un vuoto di regole non più accettabile. Giovedì, durante la Conferenza delle regioni, inizierà la discussione tra governatori per trovare linee comuni, magari proprio sul modello della «mini-Svizzera» italiana.

L'apertura del governo

«I tempi sono giusti e maturi per una legge buona per tutti - assicura il ministro della Salute, Orazio Schillaci - Non si possono lasciare le Regioni da sole, fare delle fughe in avanti. Non posso pensare che ci siano persone che si spostano da una regione all’altra. Questo sarebbe terribile, per me inaccettabile».

In Senato, nelle commissioni Giustizia e Sanità, è in discussione una bozza di testo che, di fatto, si basa sui requisiti già sanciti dalla Corte Costituzionale, cioè quelli che oggi fanno da «supplenti» alla legge nazionale per rendere legale la pratica. Oggi, perché venga autorizzato il farmaco da auto iniettarsi, bisogna dimostrare di: essere capaci di autodeterminarsi, essere affetti da una patologia irreversibile, dimostrare che la patologia con cui si convive sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, essere dipendenti da trattamenti di sostegno vitale. La maggioranza vorrebbe aggiungere un ulteriore requisito: l’obbligo di inserire il paziente in un percorso di cure palliative. Se ne parlerà in un confronto che non si preannuncia affatto semplice e che cercherà una quadra tra chi vede l’interruzione delle sofferenze come un diritto e chi come un sacrilegio.

Le proposte di legge

Loris Fortuna (deputato socialista papà della legge sul divorzio) presentò la prima proposta di legge sul tema dell’eutanasia nel 1984. Da allora, però, nessun testo ha mai visto l’approvazione in Parlamento. Ora tra le proposte depositate ci sono quelle di Pd, Cinque Stelle e Alleanza verdi Sinistra che, con sfumature diverse, chiedono di regolare l’accesso al suicidio assistito (quando è il malato ad auto somministrarsi il farmaco) e all’eutanasia (quando è il medico a somministrare il farmaco).

Se mai si arriverà a formulare una legge accettabile per tutti, ci sarà il problema pratico: in Toscana, tra quando il paziente chiede l’assistenza al suicidio e quando la ottiene non possono passare più di 37 giorni. Perché queste tempistiche siano rispettate, bisognerà avere comitati etici pronti nelle Asl, commissioni presenti e staff di medici preparati. E soprattutto serve uniformità, elemento al momento assente.

Regione per regione

Al netto della Toscana, come sono messe le altre regioni italiane? In Lombardia, dove si è da poco tenuto il primo suicidio assistito, regolato dai requisiti della Corte Costituzionale, lo scorso anno sono state presentate 8mila firme per una proposta di legge. Tuttavia il Consiglio regionale ha bloccato la discussione del testo, ritenendo la materia di competenza statale. Proposta di legge di iniziativa popolare bloccata anche in Friuli, dove la Regione ha già subito condanne per ritardi nelle procedure di assistenza al suicidio, come nei casi di Anna e Martina Oppelli, quest’ultima ricorsa alla Corte costituzionale contro l’illegittimità del requisito del sostegno vitale.

Mappa fine vita

A metà aprile inizierà in Trentino la raccolta firme per sostenere la proposta di legge sulla scia della Toscana. Il Veneto è stata la prima Regione a discutere la proposta di legge sul fine vita ma non è arrivato ad approvarla poiché non ha raggiunto la maggioranza assoluta. Il governatore Luca Zaia ha preannunciato l’adozione di una circolare per uniformare le procedure in Regione, evidenziando come il fine vita non sia una battaglia di parte, ma una questione di civiltà. Proposta bloccata in Piemonte. L’Emilia Romagna ha evitato il voto ed emesso delle linee di indirizzo per le Asl, che si sono però rivelate problematiche e non hanno garantito tempi certi. Iter legislativi aperti e dibattiti in corso nella maggior parte delle altre regioni: in Lazio, Valle d’Aosta, Puglia, Umbria, Liguria, Sardegna, Campania, Marche. La Basilicata ha deciso di non decidere.

In Abruzzo non c’è ancora stata nessuna discussione. In Calabria la proposta, limitata ai soli pazienti terminali, è stata depositata dal Pd. La Sicilia non ha ancora deciso quando parlarne. E in Molise non è ancora stata depositata.

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