Su Trump 34 capi d'accusa. Martedì sarà in tribunale per le foto segnaletiche

Sull'ex presidente Usa pendono oltre 30 capi d'imputazione. L'accusa è di aver falsificato documenti aziendali, ma potrebbe aver commesso un reato ben più grave. La prossima settimana si consegnerà alle autorità

Su Trump 34 capi d'accusa. Martedì sarà in tribunale per le foto segnaletiche

Cosa rischia Donald Trump ora che il Grand Jury di New York si è espresso contro di lui, deliberandone l'arresto? In attesa di conoscerli nel dettaglio, sarebbero ben 34 i capi d'accusa contro l'ex presidente Usa, secondo quanto riferito da una fonte citata dalla Cnn. In particolare si tratterebbe di "falsificazione di documenti aziendali", un reato minore per il quale solitamente non dovrebbe neppure scattare l'arresto. Nonostante questo l'accusa, guidata dal procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg, ha cercato sin dal principio delle indagini di convincere i 23 giurati del legame con un altro reato, quello di uso improprio dei finanziamenti elettorali, regolamentato dalla legislazione statale.

Perché e di cosa è indagato Donald Trump a New York

Trump sarebbe così imputato di aver mentito per nascondere un reato più grave, che non si configurerebbe come un crimine federale. Secondo quanto ricostruito dal suo ex legale Michael Cohen, il principale testimone in questo caso, l'allora candidato repubblicano avrebbe pagato i 130mila dollari incriminati all'attrice pornografica Stormy Daniels classificando le spese come un rimborso o, meglio, un onorario da corrispondere nel tempo a Cohen.

L'avvocato newyorkese, condannato a 3 anni di carcere nel 2018 per aver violato le leggi sul finanziamento elettorale, sostiene di essersi fatto carico di questa "tangente" in accordo con Trump per evitare che Daniels, con cui ebbe una relazione nel 2006, diffondesse alla stampa i dettagli del loro affaire.

Nell'ambito delle indagini preliminari sono stati ascoltati teste convocati da entrambe le parti: due settimane fa la difesa ha chiesto e ottenuto la deposizione di Robert Costello, un vecchio collaboratore di Cohen che ha screditato la testimonianza del suo ex capo. Per contro, l'accusa ha sentito David Pecker del National Enquirer, il tabloid americano che si sarebbe rifiutato di pubblicare la storia di Stormy Daniels per non danneggiare la reputazione di Trump. Anche Pecker è stato sanzionato per il pagamento a Daniels, in contrasto con la legge sul finanziamento elettorale.

L'arresto e le foto segnaletiche in tribunale

L'ex capo della Casa Bianca nel frattempo è stato invitato a presentarsi nella giornata di martedì, 4 aprile, al tribunale di New York, dove gli verranno prese le impronte digitali, saranno scattate le foto segnaletiche e (ma questo appare più improbabile) potrebbe finire in manette. I suoi avvocati confermano che il loro cliente si consegnerà volontariamente alle autorità, viaggiando dalla sua residenza a Mar-a-Lago, in Florida. Gli agenti del Secret Service, la scorta permanente dell'ex presidente, sarebbero già in contatto con le forze dell'ordine per organizzare l'arrivo nella Grande mela. Trump entrerà in tribunale da un ingresso secondario, meno trafficato e possibilmente lontano dai manifestanti.

Per The Donald vale comunque la presunzione d'innocenza. Quella di ieri non è una sentenza di condanna, ma un rinvio a giudizio. L'eventuale processo a cui andrà incontro potrebbe essere, su richiesta del team legale, un bench trial, ovvero un processo penale, previsto nell'ordinamento statunitense, in presenza solo di un giudice, senza quindi una giuria.

Le reazioni del mondo politico all'incriminazione di Trump

Intanto nel Partito Repubblicano è cominciata la levata di scudi in difesa del leader conservatore, che ha parlato subito dopo l'annuncio dell'incriminazione. In un tweet, lo speaker della Camera dei Rappresentanti, Kevin McCarthy, ha attaccato il procuratore Bragg. La terza carica dello Stato Usa ritiene che il District Attorney di Manhattan abbia "irreparabilmente danneggiato il Paese" nel tentativo di "interferire nelle elezioni presidenziali", reo, inoltre, di aver permesso a criminali violenti di restare impuniti. "Il popolo americano non tollererà questa ingiustizia e la Camera dei Rappresentanti chiederà conto ad Alvin Bragg e del suo abuso di potere senza precedenti", ha aggiunto McCarthy.

Solidarietà anche da parte del governatore della Florida, Ron DeSantis, bersaglio usuale di critiche da parte dell'ex presidente. "La strumentalizzazione del sistema giuridico con lo scopo di perseguire un'agenda politica ribalta lo Stato di diritto ed è antiamericano", ha scritto DeSantis in un breve comunicato. "Il procuratore distrettuale di Manhattan, sostenuto da Soros, ha sempre piegato la legge – aggiunge – per declassare i reati e giustificare la cattiva condotta criminale. Ora però sta forzando la legge per colpire un avversario politico". Il governatore del Sunshine State ha poi confermato che il suo Stato non avrebbe fornito assistenza alle autorità di New York nel caso di un'estradizione, su cui però DeSantis non avrebbe avuto alcun potere.

Esce dal silenzio l'ex vicepresidente di Trump, Mike Pence, nel frattempo obbligato a testimoniare nell'indagine sull'assalto a Capitol Hill. L'esponente del Gop ha descritto l'incriminazione di ieri come un "oltraggio" e un "esempio di persecuzione politica". "Credo che l'accusa senza precedenti di un ex presidente degli Stati Uniti per una questione di finanziamento della campagna elettorale sia uno scandalo", ha detto Pence in un'intervista alla Cnn.

Toni opposti invece quelli usati dal deputato repubblicano del Nebraska Don Bacon, considerato uno dei parlamentari dell'ala moderata dell'Elefantino. "Credo nello stato di diritto", ha detto Bacon.

"C'è un giudice, ci sono dei giurati, ci sono gli appelli. Quindi penso che alla fine sarà fatta giustizia. Se sarà colpevole, si vedrà. Ma se non lo sarà, credo che verrà dimostrato anche questo".

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