Fiamma ossidrica, aghi nelle unghie e catrame: le torture choc della mala

Leandro Bennato, boss di Casalotti, resta in carcere con le accuse di sequestro di persona a scopo di estorsione e detenzione ai fini di spaccio di 107 chili di cocaina. Avrebbe torturato le vittime con aghi e fiamma ossidrica

Fiamma ossidrica, aghi nelle unghie e catrame: le torture choc della mala

Catrimina, fiamma ossidrica e aghi sotto le unghie per torturare le vittime. È quanto emerge dall'ordinanza con cui il gip di Civitavecchia ha convalidato il fermo e applicato la custodia cautelare in carcere per il boss di Casalotti (Roma) Leandro Bennato. Il 44enne, arrestato in passato nell'ambito dell'inchiesta "Grande Raccordo Criminale", condannato a 6 anni e poi scarcerato, è stato fermato a Ladispoli mercoledì pomeriggio dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma in seguito all'inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti della Direzione distrettuale antimafia Michele Prestipino e Ilaria Calò con i pm Giovanni Musaro ed Erminio Amelio. Secondo chi indaga sarebbe responsabile di ben quattro sequestri di persona a scopo di estorsione e detenzione ai fini di spaccio di 107 chili di cocaina.

I metodi di tortura

I sequestri contestati al 44enne romano, già noto alle cronache per essere il rivale di Fabrizio Piscitelli ("Diabolik"), risalgono ai mesi di novembre e dicembre del 2022. Uno degli ostaggi, Gualtiero Giombini, è morto lo scorso 8 dicembre per una polmonite. I pm della Dda di Roma - conferma Il Messaggero - ritengo plausibile che il "vecchio" (l'alias del sequestrato, 71 anni) sia deceduto per via della sevizie subite mentre si trovava recluso in una baracca "privato degli abiti nonostante la temperatura rigida e ripetutamente picchiato". Un mese prima era stato tenuto in ostaggio dagli emissari del boss di Casalotti e torturato con la fiamma ossidrica affinché facesse i nomi di chi aveva rubato la cospicua partita di droga (107 chili di cocaina) che la vittima aveva il compito di custodire per conto dell'organizzazione di narcotraficcanti capeggiata da Bennato. Giombini era stato liberato il 16 novembre dopo aver fatto il nome di Cristian Isopo, rivale del 44enne, rapito a sua volta e portato nella stessa baracca dove poi era stato legato ad una sedia con gli aghi conficcati sotto le unghie per dodici ore.

Il furto della droga

Secondo gli investigatori, ad organizzare il furto della maxi partita di droga sarebbe stato Cristian Isopo assieme a un carabiniere e due donne nomadi di sua conoscenza, Autilia Romano e Autilia Bevilacqua. La cocaina, già tagliata e del valore di alcuni milioni di euro, era stata rubata in autunno. A seguito del rapimento, Isopo era stato costretto a restituire i primi 77 chili di stupefacente mentre 700 grammi restavano in possesso delle due presunte complici che, a quanto emerge da una chat, non sembravano intenzionate a restituire il maltolto. "Io lo capisco che te la vuoi tenere la differenza - scriveva Isop in chat - ma è andata male. Purtroppo non ci mollano se non la restituiamo". Finché anche le due donne, a loro volta sequestrate dagli emissari di Bennato, sono state costrette a riconsegnare la loro parte. La polizia le ha liberate nel corso di un blitz in via Laurentina, dove era stato organizzato uno scambio droga-ostaggi tra i clan rivali.

Le chat

Gli inquirenti sono certi che dietro i sequestri ci fosse la "regia" di Leandro Bennato. Il 44enne comunicava attraverso Signal e Whatsapp come "Mady33" e "al fine di ostacolare la sua eventuale identificazione in Mady33 - si legge nel provvedimento di fermo del boss - inseriva nei messaggi falsi riferimenti sulla propria vita privata, ad esempio faceva riferimento all'esistenza di suoi figli; dava falsi appuntamenti o indicazioni sui luoghi in cui si trovava; non utilizzava mai messaggi vocali, evidentemente al fine di evitare la comparazione tra la sua voce e quella contenuta nel messaggio vocale".

"L'estrema pericolosità di Leandro Bennato emerge anche dall'acquisizione delle chat dedicate avvenute tramite applicazioni di messaggistica istantanee (Signal e Whatsapp) - scrive ancora il gip di Civitavecchia - Tale dato costituisce una novità assoluta nel panorama investigativo perché, come è noto, sino ad oggi le indagini si erano spesso arrestate di fronte agli strumenti, particolarmente sofisticati, utilizzati dai criminali nel comunicare tra loro".

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