"Aiutatemi, mia moglie è scomparsa": ma era stato condannato per uxoricidio

Salvatore Di Grazia, condannato per l'omicidio della moglie Mariella Cimò, ha contattato "Chi l'ha visto?" per ritrovare la moglie scomparsa nel 2011

Screen "Chi l'ha visto?"
Screen "Chi l'ha visto?"
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Chiede aiuto a “Chi l’ha visto?”, ma è stato condannato per l’omicidio e l’occultamento di cadavere della moglie. Nella puntata di ieri sera è andato in onda l’insolito appello di un uomo, Salvatore Di Grazia, 87 anni, condannato in tre gradi di giudizio, per ritrovare la moglie scomparsa nel 2011.

Di Grazia ha telefonato alla trasmissione chiedendo “se si può fare qualche altra cosa per cercareMariella Cimò. Secondo gli inquirenti e la verità processuale, la donna sarebbe stata uccisa all’alba del 25 agosto 2011 al culmine di un litigio a San Gregorio di Catania, dove la coppia viveva in una bella villa con tanti cani e gatti. Il movente è stato indicato nell’infedeltà dell’uomo che, nell’autolavaggio di cui era proprietario e in cui lavorava, a venti minuti dalla propria abitazione, pare ricevesse numerose donne. “Io sono stato 43 anni con mia moglie, ho avuto centinaia di donne”, ha commentato a “Chi l’ha visto?”.

Di Grazia non presentò la denuncia di scomparsa nell’immediato, ma solo il 5 settembre successivo, parlando di allontanamento volontario. Ha ricevuto il giornalista durante uno dei suoi permessi settimanali di 2 ore d’aria l’uno, mentre è, dallo scorso ottobre, agli arresti domiciliari in una casa sul mare nei pressi di Acireale. “Sto subendo ancora una condanna a 25 anni per un omicidio che non è stato provato, per un occultamento che non è stato provato. Io ritengo a tutt’oggi che mia moglie possa essere viva”, ha lamentato Di Grazia.

L’uomo non solo smentisce il rapporto conflittuale con la moglie scomparsa, ma nega perfino che la donna abbia avuto contezza delle relazioni extraconiugali. Gli inquirenti lo inchiodarono perché la mattina della scomparsa Salvatore Di Grazia si recò in ferramenta per comprare un mastello da 300 litri: secondo la ricostruzione, sarebbe stato acquistato per sciogliere nell’acido Cimò, mentre lui ribatte che serviva per fare il bagnetto ai loro 3 rottweiler. E quando gli viene chiesto perché non abbia denunciato subito, ribatte: “Mia moglie aveva un culto smodato per la privacy”.

Sul suo capo, per gli inquirenti, ha pesato una confidenza a un amico, a cui, nel novembre successivo alla scomparsa, disse: “Non è il momento del lutto, apro la campagna del ‘pacchio’”. In altre parole avrebbe aperto “la campagna del sesso”. Si è così giustificato: “Mia moglie manca da 3 mesi, mi trovo anche inquisito. Ho una certa reazione. Mi pare epidermicamente legittimo. Ho avuto un po’ di contenimento nell’immediato, non volevo che tornasse e mi trovasse con un’altra donna”.

Durante l’intervista viene chiamato continuamente al telefono e in un caso si sente una

voce femminile dall’altro capo dell’apparecchio. L’intervista si conclude con quest’affermazione di Di Grazia: “Io non ho bisogno di dire che sono innocente, perché si vede che sono innocente”.

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