I punti chiave
“La verità verrà a galla”. È la frase scritta sotto una foto di Mario Bozzoli affissa all’interno della fonderia di sua proprietà a Marcheno, in provincia di Brescia. La vicenda della scomparsa di Bozzoli è stata al centro di un processo indiziario per omicidio, un procedimento in cui sono state mosse accuse in base alle prove nelle mani degli inquirenti, in particolare le riprese delle telecamere di videosorveglianza, alcune testimonianze e un audace esperimento che forse in futuro farà la storia della giustizia italiana per la particolarità del contesto e degli esiti.
La scomparsa
Mario Bozzoli aveva 50 anni all’epoca della scomparsa. Era comproprietario, insieme al fratello Adelio, di una fonderia. Aveva una moglie, Irene, un figlio. E due nipoti, figli di Adelio, che lavoravano con lui. L’8 ottobre 2015 alle 19.13 telefonò alla moglie: solo pochi minuti dopo fu l’ultima volta in cui fu visto. All’interno della fonderia, perché le telecamere di videosorveglianza non l'avrebbero mai ripreso in uscita.
Le ricerche partirono subito e la notizia venne diffusa in tutta Italia. Ma, appena messa al corrente, la ex del nipote Giacomo Bozzoli, Jessica G., contattò gli inquirenti, affermando che Giacomo nutrisse animosità nei confronti dello zio. Zio che, per sua stessa ammissione, dopo un litigio, aveva salvato per un periodo sullo smartphone come “Mer…”. Tuttavia Giacomo Bozzoli ha sempre smentito di aver avuto un ruolo nella scomparsa, e ha continuato a farlo durante il processo per il presunto omicidio: ha invece descritto Mario Bozzoli come il suo maestro in fonderia.
Intanto però accadde anche un altro fatto notevole. A 6 giorni dalla scomparsa di Mario Bozzoli e nel giorno in cui avrebbe dovuto testimoniare agli inquirenti sparì anche l’operaio più “anziano” in servizio alla fonderia, Giuseppe Ghirardini. Il corpo dell’uomo, con la sua auto, fu ritrovato 2 giorni dopo in un boschetto nei pressi di Ponte di Legno: nei pressi del corpo una capsula di cianuro con cui si sarebbe suicidato. Gli inquirenti supposero che Ghirardini fosse il “Beppe” di cui parlavano al telefono altri due operai, cui sono state rivolte delle accuse all’interno del caso Bozzoli, e a casa dell’uomo furono trovate 8 banconote da 500 euro: queste ultime tuttavia potrebbero essere state gli arretrati degli straordinari.
Le indagini
Gli inquirenti analizzarono, come detto, le telecamere di videosorveglianza. Che però erano fisse su alcuni punti ciechi: così vennero concentrate le attenzioni su Giacomo Bozzoli che insieme al fratello Alex possedeva i codici delle telecamere e che l’8 ottobre 2015 venne visto entrare e uscire più volte dalla fonderia con il suo suv tra le 19.33 e le 19.55. Fuori dalla fonderia è stata inquadrata invece una sorta di fumata bianca. Al processo Giacomo Bozzoli affermò che le telecamere sarebbero state puntate dallo zio, in particolare nello spogliatoio dei dipendenti e su un deposito, perché c’era stato il fondato sospetto di furti di materiale.
A pesare sulle posizioni di Giacomo Bozzoli furono però anche delle testimonianze. In primis quella della zia Irene, che raccontò come il marito avesse avuto degli screzi con i nipoti e il fratello Adelio: Mario Bozzoli avrebbe temuto furti da parte di un’azienda concorrente fondata dai nipoti “In un’occasione - ha raccontato Irene Zubani - mio marito mi ha raccontato che si stava lamentando della produzione dell’azienda e aveva detto che avrebbe fatto una denuncia, e in quell’occasione Giacomo gli rispose che se avesse fatto questa denuncia lui avrebbe fatto del male a nostro figlio”.
Non solo. Jessica G., ex di Giacomo Bozzoli, ha raccontato di come, durante la loro relazione, lui l’avrebbe costretta a fare la roulette russa con una rivoltella a tamburo di proprietà di Adelio Bozzoli. “Aveva più volte palesato odio per lo zio. Mi ha ripetuto più volte che il suo intento era quello di uccidere lo zio”, ha raccontato la donna agli inquirenti. E poi ha svelato un presunto piano omicidiario in incidente probatorio: “Io avrei dovuto prendere la sua auto, transitare in autostrada così il Telepass avrebbe segnato il passaggio dell'auto e lui avrebbe dovuto aspettare lo zio fuori casa. Si sarebbe procurato stivali di un numero più grande, avrebbe aspettato lo zio e lo avrebbe colpito da dietro a sorpresa. Poi si sarebbe nascosto nel bosco e il giorno successivo mi avrebbe chiamato da una cabina telefonica e io sarei dovuta andare a prenderlo”.
E gli inquirenti hanno supposto non solo che Mario Bozzoli sia stato ucciso, ma che a ucciderlo sia stato il nipote Giacomo: inizialmente credettero che il corpo sarebbe stato trasportato fuori dalla fonderia da una vettura. Ma poi ipotizzarono che il cadavere possa essere stato distrutto nel forno. Tuttavia la perizia affidata alla dottoressa Cristina Cattaneo stabilì, nell’analisi delle scorie, che all’interno del forno non c’erano tracce di resti umani.
Così il giudice del tribunale di Brescia Roberto Spanò dispose un esperimento molto particolare: nel forno della fonderia venne bruciato un maiale. Ne risultò la completa distruzione della carcassa e una fumata bianca, proprio come quella inquadrata dalle telecamere la sera della scomparsa: non fu quindi escluso che la presunta distruzione del corpo di Mario Bozzoli possa essere avvenuta nel forno, che non fu fermato né analizzato nell’immediatezza della scomparsa dell’uomo. In una puntata di Quarto Grado l’ex generale del Ris Luciano Garofano ha spiegato: “Che la professoressa Cattaneo non abbia trovato dei resti umani, genetici, è possibile. In quel forno c’erano temperature elevatissime, materiale eterogeneo, che può aver disseminato quei resti in una modalità tale che non ha consentito il loro ritrovamento”.
La condanna
Il processo di primo grado si è concluso alla fine di novembre 2022 con la condanna all’ergastolo, con un anno di isolamento diurno, per Giacomo Bozzoli. Sono inoltre stati richiesti approfondimenti dalla procura per il fratello Alex Bozzoli accusato di falsa testimonianza, per l’operaio Aboagye Akwasi accusato di favoreggiamento, e per l’operaio Oscar Maggi accusato di concorso in omicidio e distruzione di cadavere. Akwasi e Maggi erano le due persone che nell’intercettazione furono ascoltati parlare di tale “Beppe”. Il tribunale di Brescia quindi ha concluso per il primo grado che “Giacomo Bozzoli ha ucciso lo zio distruggendo il corpo nel forno in concorso con altri”. La condanna è stata confermata dapprima in appello e poi, l'1 luglio 2024, in Cassazione. Per Alex Bozzoli, Akwasi e Maggi si sono concluse le indagini: le posizioni dei primi due sono state stralciate, il terzo è accusato di concorso in omicidio premeditato e distruzione di cadavere.
Nella requisitoria del primo grado il pm Silvio Bonfigli aveva affermato: “Con Giacomo Bozzoli c'era Giuseppe Ghirardini, che poi si è tolto la vita. Il suo è stato un suicidio parlante: si è suicidato per aver aiutato Giacomo a uccidere Mario Bozzoli e lo ha fatto quando ha capito di essere l'anello debole. Non era depresso, viveva nell'attesa di rivedere il figlio. Non aveva alcun motivo”.
E mentre al processo Giacomo Bozzoli aveva detto di aver pensato che lo zio si fosse allontanato con una donna o fosse stato rapito, il tribunale ha stabilito l’“infondatezza delle ipotesi dell’allontanamento volontario e del suicidio”. Inoltre “la presenza degli abiti di ricambio negli spogliatoi e dell’auto parcheggiata nel cortile della fonderia mal si sposava con l’eventualità di una scelta deliberata”, oltre il fatto che “il mancato rinvenimento del cadavere si poneva poi in aperto contrasto con l’ipotesi dell’atto autolesionistico”. La tesi della giustizia è stata quindi che Mario Bozzoli sia stato assassinato e “iI fatto che il muletto sul quale si trovava la vittima fosse ancora acceso fa propendere per un agguato teso in prossimità del reparto fusione”.
Nonostante la sentenza sia diventata definitiva, dal 2 luglio 2024 Giacomo Bozzoli è latitante.
Non si trovano neppure la moglie e il figlio. Pare che i vicini non lo vedessero da una decina di giorni. Si ipotizza che l'uomo potrebbe aver riparato all'estero, dato che non aveva nessuna limitazione alla libertà di movimento né divieto di espatrio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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