Settantanove università e 5.444 docenti. Tanti sono quelli che oggi incroceranno le braccia, in uno sciopero degli esami che in molti atenei farà saltare il primo appello, in un atto di protesta contro uno scatto dello stipendio, quello relativo al periodo dal 2011 al 2015, ancora bloccato.
Una mobilitazione dai numeri importanti, promossa da quanti fanno parte del Movimento per la dignità della docenza universitaria, per portare i riflettori su una situazione che i docenti ritengono inaccettabile.
Lo stipendio di un ricercatore oggi è di 1.300 euro al mese. Un ordinario ne prende 2.800 e può arrivare a 4 mila in vent'anni. E le leggi di stabilità hanno congelato gli scatti per la categoria.
Da qui la decisione di non tenere un delle sessioni d'esame previste tra i mesi di settembre e ottobre. "Sappiamo che arreca un danno agli studenti - ha detto al Secolo XIX Massimo Maccagno, ricercatore all'università di Genova -, ma abbiamo spiegato le ragioni della nostra decisione e ci hanno capiti".
"Legittimo" anche per il garante lo sciopero dei docenti, che è stato deciso dopo che il ministero dell'Istruzione ha mancato di convocare i docenti per un confronto sulla situazione e sulle ragioni. Ad alcune condizioni.
In primis la sospensione del primo appello laddove siano previsti più appelli nello stesso periodo; deve essere garantita l'organizzazione di un appello straordinario non prima del quattordicesimo giorno
successivo a quello dello sciopero solo laddove la sessione d'esame consista in un unico appello.Poi un'attenzione a chi deve laurearsi nella sessione autunnale, per evitare che l'appello in meno comprometta il loro percorso.
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