Altro flop di Woodcock: assolto il sindaco di Ischia

Ferrandino era finito in carcere e poi processato per presunti illeciti negli appalti alla Concordia di Romeo

Altro flop di Woodcock: assolto il sindaco di Ischia

Tre settimane in cella, tre mesi e mezzo ai domiciliari. La carica di sindaco di Ischia persa. La gogna mediatica. La carriera politica polverizzata. E le bustarelle? E i favori col colosso delle coop rosse? Non c'è nulla. Per i giudici, l'ex primo cittadino di Ischia Giosi Ferrandino è innocente perché «il fatto non sussiste». I pm Woodcock e Carrano (gli stessi dell'inchiesta Consip, oggi sotto procedimento disciplinare davanti al Csm) avevano chiesto sei anni di carcere. Due anni di processo per scoprire invece che la metanizzazione dell'isola verde, da parte della Cpl Concordia, non presenta lati oscuri. «Ora ho di nuovo riacquistato la mia dignità - dice Ferrandino - e soprattutto torno a essere una persona serena. È la fine di un incubo».

Incubo nel quale è precipitato pure l'imprenditore della farmaceutica campana Nazario Matachione. Pure lui ai ceppi, pure lui accusato di corruzione in combutta (addirittura) con due ufficiali della Guardia di finanza. Nell'indagine ci rimette 14 farmacie e un gruppo che fatturava oltre trenta milioni di euro. Ad accusarlo è l'ex moglie. I pm Woodcock e Piscitelli le credono, e avviano una macchina investigativa gigantesca. Qualche tempo dopo, però, si accorgono che le contestazioni non stanno in piedi e chiedono l'archiviazione, concessa in tempi record dal gip, sia a lui sia ai due finanzieri. Un paio di farmacie, nel frattempo, sono state acquistate all'asta dall'ex moglie.

Di fascicoli «sfortunati», HJW, ne tratta un po', negli ultimi mesi. Senza considerare l'inchiesta Finmeccanica, che ha portato qualche giorno fa all'assoluzione in appello dell'ex presidente Giuseppe Orsi, inchiesta nata all'ombra del Vesuvio, c'è almeno un altro paio di procedimenti conclusisi, dopo il grande clamore mediatico, in un nulla di fatto. Uno è legato alla mega-indagine sulle infiltrazioni della camorra nel mondo della sanità e vede protagoniste due stimate professioniste, la docente universitaria Maria Triassi e la direttrice generale dell'ospedale Santobono, Annamaria Minicucci. Entrambe al centro, secondo Woodcock, di un presunto accordo corruttivo per pilotare appalti e nomine nelle commissioni di gara. Ipotesi che il gip smonta mandando la prima assolta con formula piena e disponendo per la seconda l'archiviazione su istanza dello stesso pm. Un altro filone che si è via via sgonfiato è quello relativo alle commesse Trenitalia che parte da un esposto dell'audit aziendale, nel lontano 2011. I pm Woodcock e Curcio, che a quel tempo hanno già in trattazione la P4, la presunta Spectre che avrebbe ricattato i vertici dello Stato, salvo poi ridursi a un processo con due soli imputati (Luigi Bisignani e Alfonso Papa) che non contempla tra i capi d'imputazione l'operatività di alcuna loggia massonica deviata, ipotizzano che, al solito, gli appalti finiscano agli amici degli amici. Scattano i sequestri e le manette per sette persone. Due delle quali, è la prova regina della Procura, sono costantemente in contatto tra di loro. Le intercettazioni telefoniche raccolgono ore e ore di chiamate su chiamate tra i due indagati. Saranno i giudici a capire perché: i due sono cugini.

E si vogliono bene e visto che operano entrambi nello stesso ramo - uno dirigente di Trenitalia, l'altro imprenditore dei trasporti - al telefono parlano di tutto e di più. Anche di lavori e commesse. Come finisce? Tutti assolti. E i giudici che bacchettano i pm che si sono appiattiti troppo sulle intercettazioni e sul report aziendale.

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